Il quotidiano “Il Dubbio” ha pubblicato questa analisi del segretario generale Enzo Pelle sul tema dei bonus edilizi (pdf).
La discussione sui bonus edilizi dopo il DL 11/23 ha spesso portato a riflessioni sulla necessità o meno di questi strumenti, con argomenti che non tengono conto della realtà storica ed economica del settore. In diversi casi si è scritto sull’effetto dei bonus e del superbonus in edilizia abitativa, non considerando che da decenni sono state messe in pratica vere politiche di incentivi. Le detrazioni fiscali, in particolare nel campo del recupero del patrimonio immobiliare e della riqualificazione, partono dal 1998, ben 25 anni fa, con la L.449/1997. Il testo, per le spese sostenute nel periodo d’imposta in corso alla data del 1° gennaio 1998 e in quello successivo, aveva previsto una detrazione pari al 41%, che scendeva al 36% nel biennio successivo.
Successivamente il DL n.201/2011 le ha rese stabili al 36%. Quest’ultima detrazione è stata modificata ulteriormente nel 2013, portando il valore al 50%. Le leggi di stabilità e di bilancio degli anni 2014-2018 hanno prorogato la misura per i rispettivi anni seguendo tale percentuale. Infine, sempre prima del Superbonus, la legge di bilancio 2019 lo aveva confermato fino al 31 dicembre 2019, con una spesa massima di 96.000 euro. Questo breve excursus non tiene conto delle percentuali, anche più elevate, concesse per le operazioni di adeguamento sismico degli immobili: il DL 63/2013 poneva la detrazione al 65%, misura prorogata poi dalle leggi sopra citate nel periodo 2014-2018. Il finanziamento, quindi, era riconosciuto tramite detrazione fiscale, mentre è solo nel 2020, con l’articolo 121 del Decreto Rilancio, che viene introdotta la possibilità dello sconto in fattura e della cessione del credito. Dobbiamo considerare che questo particolare finanziamento si rivolgeva a un patrimonio immobiliare nazionale composto per il 65% circa da strutture edificate prima dell’introduzione della norma di prevenzione antisismica (1974) e di quella sul risparmio energetico (1976). Questo senza connettere il dato alle emissioni di CO2 e alla età del cemento armato, alle zone a rischio dissesto idrogeologico, a cui bisogna aggiungere l’azione di emersione del lavoro.
Com’era facilmente prevedibile, con il Superbonus le richieste di intervento hanno raggiunto numeri molto importanti e insostenibili, tutti a carico dello Stato. Ma è un errore affermare che il finanziamento pubblico non sia necessario per il settore. Nel 2019 l’edilizia ha iniziato a conoscere una timida ripresa dopo un decennio di crisi importante. Dal 2008, infatti, il blocco degli appalti e la crisi economica avevano fatto perdere circa 540 mila addetti nel nostro Paese, senza contare l’indotto. L’unica possibilità di finanziamento, che ha evitato una crisi ancora peggiore, risiedeva proprio nei bonus pubblici concessi in campo privato. L’Istat riporta che in questo ventennio 31,2 milioni di immobili, ovvero il 57% delle abitazioni italiane, abbia risentito degli incentivi concessi. I 202,4 miliardi di euro attivati dagli incentivi nel periodo 2011-2017 hanno coinvolto oltre 2 milioni di occupati diretti nel settore del recupero edilizio e della riqualificazione energetica e 1 milione di occupati indiretti nelle industrie e nei servizi collegati. Altro aspetto da considerare è l’impatto che questi incentivi hanno avuto: troviamo numerosi approfondimenti che riportano valori altalenanti sull’impatto che ha avuto il superbonus sul Pil, passando da stime dell’8,9% al 7,5%. Tutte queste analisi, però, considerano elementi e base di calcolo diversi, includendo settori economici e ricadute sul mercato che non tengono conto di un parametro comune.
Due dati, però, sono ben chiari: l’Istat ha certificato come nel secondo trimestre del 2022 solo il settore delle costruzioni abbia contribuito per il 16% alla crescita dell’economia del Paese. L’Osservatorio nazionale del settore, gestito dalle Casse Edili, riporta un aumento in due anni di ben 160.505 lavoratori nel confronto tra gli iscritti di settembre 2020 con quelli di settembre 2022. Allora le considerazioni da fare devono essere rivolte al modo di rendere strutturale, funzionale, trasparente e sostenibile il sistema di finanziamento attraverso i bonus. Si possono stabilire dei budget annui, modulare le percentuali in funzione del reddito e della classe energetica, focalizzarlo di più sui condomini popolari. Ma ben regolato può rigenerare e rendere più sostenibile ed inclusivo l’abitare delle nostre città. Una occasione che non dobbiamo lasciarci sfuggire.