Nota di Fulvio Pirchio, responsabile territoriale della Filca-Cisl Benevento
Stiamo entrando nella peggiore stagione per i lavoratori del comparto edile di Benevento, sia per il clima, l’approssimarsi della stagione invernale notoriamente vede diminuire vertiginosamente gli addetti del settore, sia per la superficialità e l’indifferenza della classe politica e della classe dirigente a tutti i livelli, inadeguata ad ascoltare le grida di dolore e di mortificazione dei tanti lavoratori. Nella nostra provincia il LAVORO già atavicamente precario ed a tendenza fortemente negativa dal persistere della lunga crisi mondiale non vede nessuna attenzione qualificata, positiva e di merito che possa proporre soluzioni che risolvino le problematiche di sviluppo di un territorio che ha grandi potenzialità.
Ad oggi siamo alla sola politica dell’annuncio, senza conseguenze reali e concrete che pongano le basi per invertire la tendenza disastrosa e cronica di mancanza di posti di lavoro, la cartina di tornasole è la disperazione di tanti nostri iscritti (che si vergognano a manifestare la propria condizione di indigenza) che vanno ad infoltire le fila per i sussidi e le donazioni elargite degli enti benefici. Per il nostro settore, gli ultimi dati della Cassa Edile continuano inesorabilmente ad essere negativi con -14% di massa salari rispetto all’anno scorso. Le imprese iscritte hanno subito una forte contrazione per la mancanza di nuove commesse con la conseguente e naturale riduzione delle ore lavorate tutte a discapito dei posti di lavoro. La costante e progressiva mancanza di nuovi lavori (esaurimento della fase di Accelerazione della spesa e nuovo riassetto riorganizzativo, mai concluso, della Regione Campania, maggiore Stazione Appaltante per il nostro settore), la chiusura al credito alle imprese anche in presenza di somme da incassare dalla pubblica amministrazione, il peso della burocrazia, contribuiscono a mettere ulteriormente in ginocchio anche l’indotto dell’edilizia (impianti per la produzione di calcestruzzo, manufatti in cemento ed argilla).
A Benevento il settore della prefabbricazione è fermo, la MOCCIA Industria ha lo stabilimento per la produzione di laterizi in cassa integrazione, mentre, l’impianto per la produzione di calce è stato chiuso con 8 licenziamenti ed è in balia di una estenuante attesa dell’autorizzazione per l’apertura di una cava di calcare da calce a Durazzano rientrante nel comparto estrattivo del PRAE. Ma per gli effetti deleteri della burocrazia, i pareri autorizzativi passano tra i vari dipartimenti Regionali senza diventare definitivi, determinando una situazione di stallo che, invece con l’apertura della cava, si potrebbero non solo riassumere i lavoratori ma si avrebbe anche la possibilità di un ampliamento mediante un travettificio che occuperebbe altre 40 unità più tutto l’indotto per l’approvvigionamento. Per quanto riguarda il gruppo MONIER produttore leader nazionale di tegole in cemento, a causa sia della crisi dell’edilizia, sia ad un operazione esclusivamente finanziaria da parte del management, ha deciso che al termine della cassa integrazione non riavvierà la produzione nello stabilimento di Benevento e trasformerà i capannoni e l’immenso piazzale (costruiti con finanziamento pubblico) in polo logistico, con l’apertura di una procedura di licenziamento collettivo per 12 unità su 15. Queste due vertenze ci vedranno impegnati, con ogni mezzo di persuasione legittimo e rispettoso dei ruoli e della legge, a sollecitare le istituzioni ad abbandonare la politica dei proclami ed attuare la politica del fare, medianti decisioni, concrete e fattive, senza sotterfugi e promesse vane. Servirà una grande manifestazione affinché la Regione risolva il problema annoso delle CAVE, in quanto quelle autorizzate non soddisfano il fabbisogno regionale e la necessità urgente di reperire inerti, anche in vista dell’avvio dei lavori dell’ALTA VELOCITA’ Tirreno-Adriatica. I due lotti Frasso Telesino-Vitulano e Benevento-Apice sono in fase di conferenza dei servizi, se partono i lavori e non abbiamo cave autorizzati dobbiamo subire solo l’impatto negativo dell’opera e non avere benefici con utili che restano sul territorio per essere reinvestiti.