Le famiglie italiane affondano sotto i colpi della crisi. Nel biennio 2008-2009 i redditi familiari hanno subito una riduzione del 4%; il numero di famiglie in condizione di povertà è aumentato; e a pagare il prezzo più alto sono stati i giovani che hanno visto calare lo loro quota di reddito del 5%.
A tratteggiare il quadro, allarmante, è il vicedirettore generale della Banca d’Italia, Anna Maria Tarantola, in occasione del convegno ”La famiglia un pilastro per l’economia del Paese” a Genova. Ma occorre tener presente che la realtà oggi è ben peggiore, non solo perchè i dati di Bankitalia rappresentano una media, nella quale in realtà pochi stanno molto bene, molti stanno molto male e tutti insieme stanno mediamente maluccio; ma anche perchè la situazione reale del Paese, dal 2009 ad oggi, si è ulteriormente deteriorata e a testimoniarlo sono tutti i dati sui consumi, in costante calo quando non fanno registrare repentini crolli come nel caso del mercato dell’auto. Per una famiglia su cinque, infatti, il reddito non basta neppure a coprire i consumi. Nel 2010 è salita al 22% la quota di famiglie che hanno un reddito insufficiente a coprire i consumi; e ”per quelle a basso reddito la quota sale a più del doppio”, ha spiegato Tarantola.
Nella tarda primavera del 2009, ha sottolineato il vicedirettore di Bankitalia, circa 480 mila famiglie hanno sostenuto almeno un figlio convivente che aveva perso il lavoro nei dodici mesi precedenti. Le risorse impiegate in questa forma di sostegno familiare, ha fatto notare Tarantola, sono venute non solo dai redditi da lavoro dei genitori, ma spesso anche da quelli da pensione dei nonni. Ora, però, la ricchezza dei genitori che ”ha svolto un ruolo importante nel sostenere anche i figli, sta iniziando a ridursi”, ha avvertito.
Una situazione preoccupante visto che i giovani risparmiano poco, meno dei loro genitori: ”essi – è l’invito del direttore vicedirettore generale di Palazzo Koch – dovrebbero invece accumulare di più, visto che il livello della loro pensione sarà presumibilmente più contenuto”. Il problema è che poter risparmiare bisogna prima guadagnare. E per poter guadagnare, generalmente, occorre avere un lavoro adeguatamente retribuito.
E se è vero che nel 2009 il 17% delle famiglie italiane ha ricevuto un aiuto informale da parte della rete familiare e che questa quota sale al 38% nel caso delle famiglie con figli piccoli in cui la madre lavora, dove tipicamente la rete di supporto è costituita dai nonni impegnati nella cura dei nipoti, è evidente che le retribuzioni delle giovani coppie non sono adeguate. Oltretutto, questo ruolo di protezione sociale della famiglia italiana, ha sottolineato Tarantola, ”si è intensificato” durante gli anni recenti di crisi economica: ”Il reddito dei genitori è stato in molti casi l’unico sostegno per i componenti più giovani”.
Ma ora anche i genitori e i nonni sono in difficoltà, perciò qualche interrogativo sul modello di welfare va posto. Le condizioni economiche delle famiglie, in particolare di quelle più giovani e con figli, secondo Tarantola dipendono in modo determinante dal numero dei percettori di reddito da lavoro. Parallelamente, l’allungamento della vita lavorativa dei genitori più anziani rende più difficile un loro coinvolgimento nella cura dei nipoti. Per non parlare, poi, del problema della cura dei nonni non autosufficienti scaricata totalmente sui familiari meno anziani.
Insomma, il sistema famiglia non può più reggere. A meno che non si vogliano far adottare a quel 10% di famiglie italiane più ricche, che detengono quasi la metà della ricchezza nazionale (e che hanno continuato ad arricchirsi anche durante la crisi), il 50% di famiglie dell’ex ceto medio impoverito che dispone del 10% della ricchezza totale, più i tre milioni di poveri presenti nel Paese. In caso contrario, prima o poi, il bubbone sociale è destinato ad esplodere.
(dal sito www.conquistedellavoro.it)