Per diversi anni circa 160 lavoratori rumeni e italiani impiegati sull’appalto pubblico relativo alla realizzazione del nuovo Ponte di Storstrøm, in Danimarca, sono stati vittime di un sottopagamento sistematico: in totale l’azienda ha omesso di versare almeno 10 milioni di corone danesi a titolo di stipendio, circa 1 milione e 340mila euro. La società appaltatrice principale dell’opera è parzialmente di proprietà dell’italiana Itinera. Il caso è stato sollevato dal sindacato danese 3F Byggegruppen, affiliato alla Federazione europea EFBWW, e rilanciato dai sindacati di categoria FenealUil, Filca-Cisl, Fillea-Cgil.
3F Byggegruppen ogni anno promuove centinaia di cause simili anche su grandi cantieri pubblici, che valgono miliardi di euro e dove è obbligatorio che i datori di lavoro garantiscano condizioni di lavoro e stipendi danesi ai propri dipendenti. “È assurdo che le tasse che paghiamo vengano utilizzate per favorire un grave sfruttamento dei nostri colleghi stranieri nei cantieri che riguardano progetti pubblici”, dichiara il consulente del gruppo dedicato alla manodopera straniera, Michael Severinsen, che ha condotto la causa per conto di 3F Byggegruppen. Oltre al sottopagamento è inoltre emersa la differenza tra i dati annotati sui fogli di presenza e quelli registrati dai tornelli di accesso al cantiere; questi ultimi hanno dimostrato che i lavoratori erano presenti sul lavoro anche se non risultava dai fogli presenza.
“Noi riusciamo a smascherare solo la punta dell’iceberg – prosegue Severinsen – e i nostri colleghi stranieri raramente hanno il coraggio di farsi avanti per paura di essere licenziati o minacciati. Proprio per questo motivo l’intervento attuale delle autorità non è affatto sufficiente. Per quanto mi risulta, l’unità di controllo dello Stato non aveva riscontrato nessuna irregolarità nella documentazione relativa ai trattamenti retributivi dell’azienda in questione”, fa notare il sindacalista.
Palle Bisgaard, vicepresidente di 3F Byggegruppen, propone tra le altre cose un intervento sugli appalti pubblici per avere condizioni retributive e lavorative dignitose. Nei giorni scorsi, infine, la EFBWW ha lanciato la campagna “Who is the Boss-Limiting subcontracting” per chiedere la revisione della normativa europea sul subappalto, limitandone l’utilizzo e favorendo il lavoro diretto.