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INFORMAZIONE: LA CISL NON FARA’ UN SINDACATO NUOVO MA VUOLE DIFENDERE IL PLURALISMO

INFORMAZIONE: LA CISL NON FARA’ UN SINDACATO NUOVO MA VUOLE DIFENDERE IL PLURALISMO

informazione“La Cisl non farà un sindacato nuovo, però ha interesse a difendere il pluralismo dell’informazione: dunque, o la Fnsi decide di rifondarsi profondamente oppure daremo il nostro appoggio materiale e morale a chi dentro quel sindacato non si sente rappresentato”. Lo ha detto Raffale Bonanni concludendo il convegno sull’informazione organizzato dalla Cisl. Il segretario generale ha insistito sulla necessità che la governance della Rai sia cambiata “di sana pianta”. Devono contare di più i lavoratori e i cittadini.
“L’azienda pubblica è in mano solo alla politica – ha sottolineato Bonanni – e i temi sociali non trovano spazio, lo abbiamo sperimentato sulla nostra pelle in diverse occasioni, come la manifestazione che abbiamo organizzato con immigrati e forze dell’ordine”. Bonanni ha osservato che c’è un problema di conflitto d’interessi “a tutto tondo”, e che dunque non riguarda solo Berlusconi ma l’anomalia che vede l’editoria italiana “governata per la grandissima parte da imprenditori e banche” 
“La Cisl vuole un’informazione che racconti l’Italia vera”. Lo ha detto Annamaria Furlan, aprendo i lavori del convegno organizzato dalla Confederazione di via Po (Diritto e qualità dell’informazione, ruolo autonomo e libero dei giornalisti, partecipazione dei cittadini). Il clima litigioso che condiziona il Paese, ha affermato il segretario confederale della Cisl, “immiserisce politica e stampa, e le vicende dell’informazione rappresentano uno scontro di potere tra partiti e poteri economici.
A farne le spese è la qualità dell’informazione e della democrazia”. I grandi quotidiani, denuncia infatti la Confederazione, dedicano ai temi sociali solo il 3,87% del loro spazio. E poi c’è la questione sindacale. “La Fnsi ha perso pluralismo – ha continuato la Furlan – che era alla base del patto con Cgil, Cisl e Uil. Per questo occorre azione riformatrice della Federazione nazionale della stampa. Il pensiero unico non ha mai costruito sindacati liberi e autorevoli”.
“Il rapporto tra globalizzazione ed editoria mette in discussione tutto il mondo dell’informazione per l’influenza dei nuovi media su internet”, ha spiegato Enzo Cardi, Ordinario di Diritto pubblico dell’economia all’Università Roma Tre. “L’aumento di offerta informativa è del 30% annuo e di 1,5 milioni di pagine al giorno. Questo sta determinando effetti sulla vendita dei quotidiani e il crollo della pubblicità, e mette in discussione il rapporto tra diritto all’informazione e  diritto alla riservatezzza”.
Su questi nodi nessun governo può fare nulla, ha osservato. “Serve un accordo mondiale, a livello di Wto. Anche l’accesso alle notizie a pagamento è difficile da realizzare.Internet è nato libero, Google cattura il 90% della pubblicità sulla rete con una posuizione dominante prodotta dal mercato”. Quantità e qualità dell’informazione su internet, ha concluso Cardi, “non vanno facilmente di pari passo, così aumenta il contenzioso tra imprese editoriali e grande rete”.
“La libera espressione di un punto di vista non deve degenerare in un’informazione parziale e militante, scadendo nel fenomeno dei giornali partito”, ha scandito Claudio Scajola. Queste esasperazioni, ha sottolineato il ministro per lo Sviluppo economico, “rappresentano un grave danno per la democrazia perchè disabituano i cittadini al confronto civile e costruttivo”. Scajola ha apprezzato le idee avanzate dalla Cisl per una buona informazione, e ha assicurato di volerle recepire nella proposta del governo per il nuovo contratto di servizo Rai oggetto di negoziato proprio in questi giorni.
Da Giuseppe Fioroni è arrivata la proposta di “una seria iniziativa legislativa per affrontare il conflitto di interesse complessivo”. Per il deputato del Pd il tema dunque è legato non solo alla persona del premier ma anche alla concentrazione di proprietà editoriali. “Concentrazione che non è un mezzo per tutelare la dignità della persona, ma una lotta tra interessi contrapposti con gravi ricadute per il cittadino”. Fioroni ha sottolineato la necessità di garantire ai giornalisti la pluralità della rappresentanza. E da ex ministro della Pubblica istruzione ha spiegato che “la qualità dell’informazione è legata alla qualità dell’educazione dei giovani. Una buona informazione, ha concluso, “è fondamentale per sconfiggere paure e fobie presenti nella società italiana”.
“Il conflitto d’interessi nell’informazione non è anomalia italiana, ma riguarda tutte le democrazie occidentali”, ha ricordato Lucia Annunziata. “La vera anomalia italiana semmai – ha spiegato l’editorialista de La Stampa – è l’assenza di una legge che regoli la materia, e cioè tutti i conflitti d’interesse, non solo quelli del premier”. Il processo di avvicinamento degli elettori agli eletti, tipico di tutte le democrazie moderne, in Italia viene svilito dal fatto che “i politici cercano invece di mantenere un assetto piramidale del sistema politico”, controllando i giornalisti e ricorrendo a leggi elettorali che blindano la rappresentanza, “proprio come avvenuto in Italia con il cosiddetto porcellum”. “Ho saputo che avete intenzione di dare vita a un nuovo sindacato dei giornalisti”, ha poi aggiunto (ipotesi poi smentita da Bonanni nel suo intervento conclusivo), “è un’idea sbagliata perchè non serve che ogni partito crei una rappresentanza particolare spaccando le organizzazioni esistenti”.
“Gli editori oggi sono per lo più impuri”, ha sottolineato Maurizio Belpietro. “Grandi imprese e grandi interessi, finanza e banche controllano i giornali, e non c’è dubbio che questo influisce sul lavoro e sul ruolo autonomo dei giornalisti”. I condizionamenti “ci sono”, ha ammesso il direttore di Libero, nella grande e piccola stampa. “I giornalisti devono mettersi in discussione a partire dalla presenza del sindacato unico e dal ruolo dell’Ordine, che andrebbe abolito. Nessuno – ha aggiunto – può arrogarsi il diritto di interpretare la deontologia professionale. Lo dico io, che dall’Ordine  e dalla Fnsi ho ricevuto molti attacchi per il mio lavoro di giornalista”. Frase, quest’ultima, che ha scatenato una breve polemica con la Annunziata
“In Italia non c’è un’anomalia che riguarda l’editoria: è l’Italia stessa a essere un’anomalia”, ha rilevato Enrico Cisnetto. “E’ vero che il conflitto d’interessi esiste in tutti Paesi ma in Italia c’è un conflitto che da 15 anni condiziona il sistema, producendo una guerra politica permanente e una campagna elettorale senza fine. L’editoria – ha notato il presidente di Società aperta – è organica a questo sistema e ne è partecipe. Secondo Cisnetto, il clima politico è simile a quello del ’93, “solo che allora c’era l’azione della magistratura con la sponda dei giornali; oggi è la magistratura che fa sponda ai giornali. Presto arriverà una Terza repubblica, ma non credo che i giornali, che sono parte di questo sistema politico, favoriranno il passaggio a questa nuova repubblica”.
A difendere l’Ordine dei giornalisti, c’era il suo presidente. L’Ordine garantisce la deontologia e la preparazione dei giornalisti”, ha detto Lorenzo Del Boca. “Se è necessaro un Ordine per i medici, lo altrettanto per chi opera sull’intero corpo sociale. I giornalisti dovrebbero parlare non ai propri elettori ma ai propri lettori, e dovrebbero informarli e non eccitarli o strumentalizzarli”.
“La politica deve smetterla di fare pedagogia al giornalismo”, ha sottolineato Antonio Padellaro. “Pesi e contrappesi ce li scegliamo da noi, perchè il pensiero unico è una noia mortale. I lettori sono i nostri veri comitati di controllo e i nostri critici – ha detto il direttore de Il Fatto quotidiano – perchè possono smettere di comprare i nostri giornali. Oggi, dopo anni dove pochi gruppi si sono contesi il mercato, c’è spazio per piccole iniziative. E’ il nostro caso: una spa con azionisti presenti in piccole quote, i giornalisti vi partecipano e il conto economico è bilanciato. Così da garantire ai redattori più libertà”. 
“In Italia non c’è un problema di libertà di stampa”, ha assicurato Piero Vigorelli, “ma un problema di abbassamento del livello della qualità dell’informazione”. Dal ’75 all’85, ha arccontato il vice direrrtore del Tg5, “ho avuto responsabilità sia nell’Ordine che nella Fnsi. Oggi non riconosco più questo sindacato, non c’è autonomia dai partiti e dalla Cgil, che sempre ha tentato di trasformare la Fnsi in un suo dipartimento. E’ sintomatica – ha spiegato – la vicenda della gestione del rinnovo contrattuale: dopo 4 anni di trattativa e 18 giorni di sciopero, non si è ottenuto quasi niente dal punto di vista retributivo, e si è risuciti solo a difenedere la rigidità del mercato e degli orari di lavoro”.
DAL SITO WWW.CONQUISTEDELLAVORO.IT

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