PINO VIRGILIO, LA SECONDA PARTE DELL’INTERVISTA

PINO VIRGILIO, LA SECONDA PARTE DELL’INTERVISTA

Roma
La crisi dell’edilizia del 1992-’93 fu causata dalla crisi finanziaria dello Stato ed esaltata dalla vicenda di Tangentopoli, che determinò la caduta degli investimenti sia pubblici che privati ed un calo verticale della occupazione. Proprio in quella fase si approfondì il tema del dialogo sociale e della concertazione. La Filca , credo, sia stata la prima categoria industriale della Cisl a sperimentare un percorso formativo comune con una grande impresa del settore delle costruzioni (la Dioguardi). Tale percorso, che fu realizzato nel 1988-’89, era rivolto sia ai quadri aziendali sia al gruppo dirigente della Filca. Questa sperimentazione fu segnalata allora anche a livello accademico come l’unico tentativo del genere realizzato in Italia. Data la caratteristica del settore questa esperienza fu successivamente ripresa in Filca , implementandola nel settore e nei territori.
La crisi interna negli anni ’80 e la successiva ripresa della capacità propulsiva
Tutta l’attività politica e formativa attuata dal 1983 in poi, mise in fibrillazione il gruppo dirigente della Filca dal punto di vista culturale e politico e si scontrò con le dinamiche di potere interne, che non avevano alcuna vera discriminante politica se non il riflesso dei cambi al vertice della Cisl: ad ogni variazione degli assetti di vertice della Cisl, infatti è sempre corrisposto un cambio di direzione anche nella Filca. Che Carlo Mitra provenisse dalla Fim è un fatto, ma non mi sembra che ci sia stato alcun rischio vero di ‘fimmizzazione’ della Filca durante la sua gestione. Già c’era stato, con Pagani, un notevole ricambio del gruppo dirigente. Inoltre, a cavallo del 1980, c’era stato un forte irrobustimento del lavoro nero e del lavoro grigio e una forte segmentazione del ciclo produttivo nell’edilizia. Per lungo tempo, a mio parere, c’è stata una bassa percezione di tali forti cambiamenti nel corpo del sindacato , che ebbe notevoli difficoltà ad innovare le politiche contrattuali e a rivitalizzare gli enti bilaterali allo scopo di meglio rispondere ai problemi emersi.
Dal congresso di Bellaria fino quasi al congresso del 1989, la Filca ha vissuto un periodo di crisi interna assai grave, che ha rallentato notevolmente la sua capacità propulsiva dal punto di vista politico e contrattuale. Ciononostante, per fortuna, sul piano organizzativo la macchina ha continuato a funzionare e a crescere. Un po’ alla volta, con Forlani, furono riprese le politiche già avviate da Mitra, consentendo all’organizzazione di tornare ad essere propulsiva e ad imporre, negli anni della grande crisi dell’edilizia del 1992-’93, con la Segreteria di Raffaele Bonanni , le proprie linee strategiche nelle relazioni sindacali del settore. Tra il 1992 e il 1995 la Filca ha saputo dare il meglio di sé, ha ricominciato a seminare. Il Durc (documento unico di regolarità contributiva) ha segnato tutto il decennio ’90 e rappresenta il salto in avanti compiuto dal gruppo dirigente della Filca, che è stata l’unica federazione che ha tenuto organizzativamente in quegli anni terribili, mentre Feneal e soprattutto Fillea calavano vistosamente.
Ora pure la Fillea ha ripreso a crescere, ma noi cresciamo di più e non ci vorrà molto per raggiungerla, almeno stando ai dati forniti dalle casse edili, che sono quelli realmente attendibili. Ultimamente, grazie al lavoro svolto in passato e alla forte identità acquisita, la nostra federazione cresce anche nelle regioni ‘rosse’ come l’Emilia Romagna , la Toscana e l’Umbria. Ora nell’edilizia siamo praticamente in una situazione di parità sul piano organizzativo e però ‘vale’ la nostra superiorità sul piano qualitativo , identitario e di responsabilità (nel senso letterale di saper individuare risposte strategiche sindacali), che ci fa crescere più dei nostri concorrenti.
Raffaele Bonanni segretario generale della Cisl
L’avvento di Raffaele Bonanni a segretario generale della Cisl è un segno dei tempi perché rappresenta l’affermarsi del modello Filca nella Cisl, un modello fondato sulla contrattazione territoriale e sulla bilateralità che si è rivelato vincente in rapporto a quello tradizionale industriale, obiettivamente in affanno . Bisogna investire molto nella risorsa umana e in particolare sui quadri a tempo pieno, che per noi sono la figura decisiva, sia in termini di formazione che di appartenenza, di motivazioni ecc.. Fino a non molti anni fa, invece, eravamo guardati anche in Cisl con una certa sufficienza, a causa dello specifico modello di relazioni industriali ed organizzativo.
Il rapporto con la Fillea
Con la Fillea il rapporto è assai laborioso. Ogni volta che proponiamo una cosa nuova dobbiamo avere la pazienza di attendere i tempi lunghi per poterla implementare, a causa delle resistenze dei nostri ‘compagni di viaggio’. Ad esempio, perché il Durc, che abbiamo proposto nel 1993, ottenesse il sostegno della legge, ci sono voluti dieci anni. Insomma la Fillea, che rimane all’interno degli enti bilaterali ma vive questa sua presenza come un ‘male minore’, esprimendo forti difficoltà nel momento in cui occorre offrire input nuovi alle controparti ed ai settori. Non vivendo fino in fondo positivamente l’appartenenza a un sistema contrattuale e di tutela di tipo partecipativo, ha più difficoltà di noi ad individuare progetti sperimentali, innovazioni strategiche, vie nuove ecc..
Le differenze tra le Filca del Nord e del Sud
Se ci sono differenze tra Nord e Sud nell’ambito della Filca, queste sono caratterizzate essenzialmente dall’assetto dei settori e dalla cultura contrattuale ed organizzativa che si è nel tempo consolidata. Ad esempio, gli impianti fissi (legno, cemento ecc.) stanno soprattutto al Nord, mentre al Sud l’edilizia è preponderante. Le differenze sul piano della tradizione contrattuale e di tutela, che prima esistevano ed erano assai marcate, si stanno gradualmente attenuando. Si è sviluppata di fatto una circolazione delle esperienze e dei modelli che ha contribuito a far crescere e a delineare l’attuale fisionomia della Federazione Nazionale. Anche il Centro-Sud è cresciuto nella dimensione contrattuale e nella capacità di gestione degli enti bilaterali. Deve fare ancora molta strada, ma già fino ad ora bisogna riconoscere che ha saputo creare modelli originali e prassi positive, sperimentazioni ecc.. Ad esempio, una caratteristica particolare del Sud è la capacità di lavorare molto sulle politiche di settore, oltre che con gli imprenditori, anche con le istituzioni locali. Tale capacità ora è stata acquisita pure al Nord, così come il Sud ha assunto molto dell’esperienza contrattuale un tempo tipica del Nord. Il risultato di tutto questo è che alla fine c’è una ‘capacità di ritrovarsi’ maggiore, anche dal punto di vista dell’identità organizzativa, che si è rafforzata dovunque. Negli anni ’80, già con Mitra, si aveva l’obiettivo di “creare la dimensione nazionale della categoria”. Ora possiamo affermare che tale dimensione esiste, ed è forte. Lo si vede nel modo in cui lavoriamo, in cui ci si rapporta tra centro e periferia. Questo è un patrimonio da salvaguardare, da trattare con grande cura, da non disperdere.
La nostra specificità, dicevo, è quella di essere, più di altre federazioni di categoria, un sindacato di territorio oltre che un sindacato di settore, una rete di rapporti con le altre associazioni, con le imprese, con gli enti bilaterali, con le istituzioni. Anche la Filca ha dovuto affrontare il problema di inserire degli anticorpi nella gestione degli enti bilaterali, dove la forte dimensione partecipativa e co-gestionale espone i quadri sindacali al rischio di coinvolgimento in pratiche collusive. Negli enti bilaterali si gestiscono soldi e potere e perciò è necessario mettere in atto dei sistemi di trasparenza, di controllo e di prevenzione che consentano di evitare le derive “feudali” che qualche volta si sono verificate in passato. Abbiamo corso qualche rischio, specie all’inizio degli anni ’90, ma ora mi pare che il sistema funzioni correttamente.

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