Firenze
Al Centro studi di Firenze un Esecutivo in sessione di studio
LA COSTITUZIONE europea e la Strategia di Lisbona sono stati al centro dell’Esecutivo Filca che si è svolto nei giorni scorsi al Centro Studi Cisl di Firenze. Presenti come relatori, il prof. Guido Montani , docente di economia comparata presso la facoltà di Pavia e presidente del Movimento Federalista Europeo, Grazia Borgna Levi , responsabile dei rapporti sindacali del Movimento Federalista Europeo, Giacomina Cassina , del dipartimento internazionale Cisl ed il prof. Giuseppe Acocella , direttore del Centro Studi Cisl. Le due giornate di studio, coordinate dal segretario generale della Filca Nazionale, Domenico Pesenti e terminate con una tavola rotonda, hanno affrontato l’argomento sotto tre profili: ú istituzionale – la Costituzione Europea e l’allargamento delle frontiere:i problemi e le prospettive; ricerca dell’integrazione tra interessi locali e sviluppo ú sociale – prospettive economiche e di sviluppo della società, investimenti e realtà socio-produttive, integrazioni tra i popoli e le culture ú sindacale – legislazione del lavoro, dumping sociale, prospettive contrattuali, strategie delle organizzazioni sindacali. Per Montani “il progetto di Costituzione Europea rappresenta il quadro giuridico indispensabile per consentire all’Unione di affrontare le sfide dell’allargamento e della globalizzazione, assicurando un minimo di coesione istituzionale. Le basi istituzionali europee sono fondate ancora su basi inadeguate, i vecchi trattati sono stati scritti per un’Europa a sei, dal 1° maggio siamo in 25 ed in breve tempo in 27 o più”. Una Costituzione imperfetta, afferma Montani, perché deficitaria di democrazia europea: non esiste un Governo europeo, perché la Commissione, l’unico organo esecutivo responsabile di fronte al Parlamento Europeo, su alcune questioni decisive non risponde al Parlamento ma al Consiglio dei Ministri, dove i governi decidono all’unanimità ed in questi casi il Parlamento è escluso dal processo legislativo”. Inoltre quando il diritto di veto (conservato per la politica estera e della sicurezza e per le Finanze dell’Unione) viene esercitato, la volontà contraria di un solo paese può bloccare il processo decisionale: ciò denota la superiorità dell’interesse nazionale su quello europeo. “Quindi finché il Consiglio dei Ministri -aggiunge Montani – non accetterà di votare a maggioranza, diventando la seconda Camera legislativa dell’Unione che legifera insieme al Parlamento Europeo non si colmerà mai questo deficit di democrazia europea”. La mancanza di democrazia nella gestione delle finanze dell’Unione si traduce nell’incapacità dell’Europa di concepire in modo unitario e coerente il suo futuro economico. Nel 1993 fu proposto da Jacques Delors, in seguito alla decisione di costruire l’unione monetaria presa a Maastricht due anni prima, un piano per promuovere la crescita, la competitività e l’occupazione in Europa attraverso grandi investimenti ed innovazioni. Il piano fallì, a causa della mancata realizzazione di molti obiettivi da parte dei paesi europei. Gli anni ’90 sono stati caratterizzati da un’economia europea in affanno e la reazione scaturita nella primavera del 2000 è stata la Strategia di Lisbona che lanciava un piano per fare dell’Unione Europea “la più dinamica e competitiva economia del mondo fondata sulla conoscenza, capace di sviluppo sostenibile con più e migliori posti di lavoro ed una maggiore coesione sociale” entro il 2010. Quando i governi nazionali hanno lanciato la strategia, sono stati fissati degli obiettivi europei da conseguire mediante il coordinamento delle politiche economiche nazionali, dove la Commissione “raccomanda” le misure da adottare per il raggiungimento di tali obiettivi. Ma la responsabilità politica del conseguimento di questi obiettivi resta interamente nelle mani dei governi nazionali. Da parte sua, Grazia Borgna Levi afferma che “il modello sociale europeo, – un sistema capace di tutelare e garantire i cittadini riguardo i diritti di lavoro, l’istruzione, la salute, la formazione permanente, la pensione, il tempo libero – pur nelle differenze nazionali esiste davvero; ed è concepito come un elemento essenziale e distintivo dell’identità europea”. L’Europa ha le risorse e la cultura, prosegue Borgna Levi, “per poter sostenere il modello sociale, ma oggi l’Unione è solo un’area economica e monetaria, priva di un governo democratico e quindi di istituzioni capaci di governare con successo l’economia e di agire in modo unanime sul mondo”. Giacomina Cassina – del dipartimento internazionale Cisl – ha illustrato la storia del Dialogo Sociale Europeo (stabilizzatosi come concetto giuridico con il Trattato di Maastricht, anche se il processo era iniziato anteriormente) sia settoriale che intersettoriale, mettendo in risalto l’importanza di questo mezzo per lo sviluppo e la gestione dei diversi settori, il ruolo degli attori contrattuali che ne fanno parte, le attività che i vari Comitati svolgono, gli accordi che vengono raggiunti e le Direttive trasposte poi nella legislazione nazionale: una contrattazione a livello europeo che poi torna a quello locale. Giuseppe Acocella ha sostenuto che “la Costituzione deve essere un elemento di coordinamento tra gli Stati Membri e che ci deve essere una cessione di sovranità e di competenze da parte dei Paesi Europei”. Nelle conclusioni, il leader Filca Domenico Pesenti ha afefrmato che, come sindacato, “possiamo avere un grande ruolo con grandi responsabilità dentro l’Europa, dobbiamo essere consapevoli e protagonisti di ciò che ci aspetta:un sistema di democrazia deve passare attraverso la partecipazione della gente e non solo dal lato delle istituzioni. Con l’ingresso dei 10 Paesi è avvenuta la riunificazione dell’Europa, il superamento delle guerre mondiali, la pace per il continente europeo, si sta concretizzando una nuova società, un nuovo stato: l’Europa. Un’Europa che ha bisogno del protagonismo dei lavoratori e del sindacato attraverso l’impegno quotidiano che deve portare a monitorare le decisioni prese a Bruxelles”.
Claudio Sottile