Campania
Insieme alla piaga dilagante del lavoro nero, le criticità rilevate dalla Filca riguardano i tempi di realizzazione degli interventi previsti nel Piano operativo regionale e di quelli infrastrutturali
Il limite degli enti di spesa a tradurre i progetti in cantiere
“Affrontare le questioni dello sviluppo di una regione come la Campania vuol dire innanzitutto addentrarsi in un ginepraio complesso rappresentato dal Piano Operativo Regionale (Por)”. La dichiarazione è del segretario generale della Filca Cisl Campania, Gerardo Ceres, che tiene a precisare come il Por sia il frutto di una strategia prevista di interventi e obiettivi attraverso i quali transitano tutte le risorse europee e nazionali approvate all’interno del programma comunitario di Agenda 2000. Le condizioni su cui si è dovuto misurare il piano nelle fasi di elaborazione e definizione sono essenzialmente dettate dalla loro compatibilità con le politiche dell’Unione Europea relative all’impatto ambientale, alla sostenibilità attesa sul versante occupazionale e delle pari opportunità. Con il piano sono state individuate ben sette assi prioritari di intervento, che consentono investimenti per oltre 9 miliardi di euro nei settori strategici per lo sviluppo della Campania. Gli assi prioritari di intervento individuati nel Por riguardano, in modo specifico, aree come le risorse naturali, culturali, umane, i sistemi locali di sviluppo, le città, le reti e nodi di servizio e, infine, le risorse per l’assistenza tecnica. Le linee di intervento secondo cui il Por deve trovare attuazione in Campania sono definite nel cosiddetto Complemento di Programmazione, il documento che specifica gli obiettivi e descrive dettagliatamente gli interventi da realizzare e che viene periodicamente adattato alle esigenze e situazioni che maturano nel corso del periodo di programmazione. “In questa direzione – precisa Ceres – la Giunta Regionale a fine marzo ha definito il Piano di Complemento per il biennio 2004-2005, con interventi finanziabili nei vari assi e misure del Por per un totale di 574 milioni di euro (circa 1.100 miliardi di vecchie lire). Significativi sono i progetti per interventi sul versante delle infrastrutture stradali e ferroviarie che da soli raggiungono 105 milioni di euro. La criticità, tuttavia – aggiunge il responsabile degli edili Cisl campani -, che subito si può far rilevare è che non vi sono certezze sui tempi di realizzazione e cantierizzazione degli interventi previsti. La Regione in questo senso svolge, salvo rarissimi casi, soltanto una funzione di coordinamento e progettazione dei programmi, mentre questi poi dovranno essere attuati da altri soggetti, quali gli Enti Locali, Province, Commissariati Straordinari, Enti Parco, Consorzi acquedottistici, Aziende di trasporto, Soprintendenze e così via”. Intanto, l’esperienza di questi primi anni testimonia di quanto grande sia lo scarto tra la programmazione e definizione dei progetti e la loro effettiva realizzazione. Vi è in questo senso la riconferma di un limite enorme nella capacità degli enti di spesa a tradurre i progetti in cantieri. I motivi sono noti e vanno da una complessità burocratica e dalla vischiosità delle procedure, fino all’eccessivo tasso di contenziosità che si registra nelle fasi di aggiudicazione degli appalti. Su questo versante, la critica mossa dal sindacato degli edili della Campania e dalla Filca in modo particolare, circa lo scarso impatto che ad oggi si sta avendo anche sul piano occupazionale, trova nelle stanze della Giunta Regionale scarso ascolto. “Si preferisce, non in maniera diversa dal metodo adottato dal Governo centrale – nota Ceres – , enfatizzare gli annunci, la posa di prime pietre cui non corrisponde mai l’effettivo avvio dei lavori. La stessa richiesta formulata al Presidente Bassolino di fare il punto sull’avanzamento dei diversi programmi di intervento non ha trovato, ad oggi, alcuna disponibilità”. Su questo punto, peraltro decisivo, la convinzione della Filca è che sia giuntoli momento di aprire una vertenza confederale con la Regione Campania e mettere a nudo l’ambiguità di quella parte della Cgil che frena ogni possibilità di azione sindacale, per non creare difficoltà “al governo amico”, specie in una fase pre-elettorale come quella che si è aperta. “Tuttavia, pur in presenza di un indubbio incremento , rispetto ad epoche passate – sottolinea il sindacalista Filca – della capacità della Regione Campania di utilizzo dei finanziamenti dei Fondi strutturali comunitari, tante sono le lentezze che ancora limitano le opportunità assegnate dal cosiddetto Quadro Comunitario di Sostegno (Qcs). Su rali limiti – aggiunge Ceres – ancora non si riflette e non si dibatte a sufficienza. Ancora non è chiaro a molti che l’allargamento dell’Europa a nuovi 10 Paesi, se non escluderà, come prevedibile, la Campania dalle aree reginali dell’Obiettivo 1, certamente determinerà una riduzione dei finanziamenti comunitari cui si potrà ricorrere”. Occorre, a parere della Filca e della Cisl Campania, rimotivare l’azione dello sviluppo come condizione per recuperare competitività nei diversi settori economici della realtà regionale: le costruzioni, l’industria alimentare, l’industria meccanica, l’agricoltura e il turismo. Su queste tematiche si potrà misurare la capacità di risolvere i problemi storici della regione su cui vanno recuperate le ragioni di un confronto concertativo con la Giunta Bassolino.
Edilsicura, una scelta che tutela i lavoratori
L’associazione opera sui cantieri del salernitano
Un’associazione per garantire la sicurezza dei lavoratori nei cantieri della provincia di Salerno. Si tratta di Edilsicura, associazione nata grazie alla sottoscrizione, nel marzo 2003, del Contratto provinciale di lavoro del settore edile. Con la costituzione di Edilsicura, gestita pariteticamente dalle parti sociali, è stato attuato uno degli obblighi previsti dagli articoli 18 e 19 della legge 626/94, in materia di rappresentanza e consultazione dei lavoratori sugli aspetti di prevenzione antinfortunistica sui luoghi di lavoro. Al suo interno, i compiti di rappresentanza dei lavoratori sono svolti da tre rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza territoriale (Rlst), che possono svolgere le loro funzioni presso tutte le imprese con meno di 5 dipendenti e in quelle dove non si è provveduto all’elezione del rappresentante di impresa. All’associazione, inoltre, le parti sociali hanno affidato anche il compito di promuovere, attraverso campagne di sensibilizzazione specifiche, la cultura della sicurezza tra i lavoratori edili della provincia di Salerno. Operativamente, Edilsicura ha avviato la sua attività il 7 gennaio di quest’anno e “anche se il nostro periodo di attività – spiega uno dei Rlst di Edilsicura, Aniello La Vecchia – è ancora breve, possiamo fare un primo bilancio, che è sicuramente positivo, malgrado le difficoltà iniziali. Abbiamo riscontrato il consenso sia da parte dei lavoratori che delle imprese e soltanto in pochi casi ci è stato negato l’accesso al cantiere. Al momento – nota La Vecchia – sono un centinaio i cantieri visitati e abbiamo ricevuto 30 nomine come Rlst, con una competenza territoriale, non più legata alla singola impresa edile”. L’attività di Edilsicura si svolge prevalentemente con il monitoraggio dei cantieri, pubblici e privati presenti sull’intero territorio provinciale. “Questo metodo di intervento – precisa La Vecchia – rappresenta un momento di effettiva collaborazione e confronto con imprese e lavoratori, anche se analizzando e valutando sia i Piani di sicurezza che redigono i tecnici in fase di progettazione dell’opera (Psc), che i Piani operativi realizzati dalle imprese, in cui si spiega lo svolgimento delle varie fasi lavorative, emerge con chiarezza la loro mancata effettualità. La scarsa applicazione, infatti, del processo di valutazione dei rischi che è contenuto in questi piani, è legata sicuramente alla temporaneità dei cantieri, agli spostamenti della mano d’opera, ai cottimisti e al sistema degli appalti e subappalti”. Soltanto discreta, invece, la situazione nei cantieri per quanto riguarda l’applicazione della normativa sulla sicurezza, “perché si avverte un elevato grado di precarietà sui posti di lavoro – continua l’Rlst – , in quanto le imprese si dimostrano sensibili al tema della prevenzione dei rischi solo nella misura in cui si tratta di produrre materiale cartaceo, per assolvere agli adempimenti previsti per legge, ma non altrettanto solerti nel momento in cui si tratta di tradurre in pratica le procedure, oppure di promuovere le misure preventive per la formazione e l’informazione dei lavoratori”. Buona, invece, la valutazione assegnata in questa prima fase circa l’azione di prevenzione di Edilsicura nel monitoraggio dei cantieri: “Le imprese rispondono bene alle nostre richieste – sottolinea La Vecchia – di adeguamento della documentazione e all’iscrizione ai corsi di formazione per il servizio di primo soccorso e per addetti alle emergenze. A ciò, però, bisogna anche aggiungere l’atteggiamento non sempre attento dei lavoratori, che a volte trascurano di indossare i dispositivi di protezione individuali (Dpi), come il casco. Inoltre, la sicurezza – conclude l’Rlst – è una questione di cultura e le imprese devono convincersi che non è risparmiando sull’aspetto legato alla prevenzione dei rischi che garantiscono la qualità e la durata della loro stessa attività. Per quanto riguarda la nostra azione di Rlst, l’auspicio è che si rafforzi nel tempo il sostegno sia delle parti sociali che degli organi di vigilanza, nei confronti dei quali intendiamo svolgere un’utile funzione di supporto”.
Avellino, basta al lavoro nero
L’evasione nella provincia di Avellino supera il 60%. E’ quanto risulta dalle ispezioni di Inps, Inail e Ispettorato del Lavoro nel trimestre gennaio/marzo 2004. si tratta di un risultato complessivo che dimostra l’andamento consolidato del ricorso al lavoro nero, all’evasione contributiva ed in materia di sicurezza delle imprese in tutti i settori di produzione e servizi. È la fotografia di un sistema produttivo che evidenzia l’incapacità delle Istituzioni, ai vari livelli provinciali, regionale e nazionali, a reagire seriamente rispetto al fenomeno dilagante dell’evasione che anno dopo anno conferma una crescita evidente. Sul fronte dell’edilizia, delle ditte attive in Cassa Edile di Avellino nel 2003, solo 1.580 hanno rispettato le leggi e i contratti, 160 non sono regolari e 229 parzialmente regolari. Una parte di mercato, quindi, vive sul lavoro nero, sull’evasione contributiva e sull’inosservanza dei contratti e delle leggi di settore. Il dato di 8.115 operai dichiarati in Cassa Edile nel 2003 rappresenta, quindi, soltanto la fetta più grande di un mercato dell’occupazione edile dove cresce e prolifera anche il lavoro nero. Un dato sintetico di elaborazioni Filca per il 2003 è indicativo dell’economia irpina, come anche della cultura d’impresa. Su 2.570 aziende del settore edile, del commercio e servizi, visitate dall’Inps, dall’Inail e dall’Ispettorato del Lavoro, 1.276 sono risultate irregolari per un’evasione di circa 30 milioni di euro. Il 65% delle imprese visitate è risultato fuori legge (nel 2002 era del 60%) e questo è un dato reale riferito alle imprese visitate, non contemplando la totalità del panorama aziendale locale. “A mio avviso – nota il responsabile degli Edili Cisl, Mario Melchionna, in edilizia esiste almeno un altro 30% di imprese irregolari che sfugge ad ogni tipo di censimento, solitamente sono squadre di cottimisti e ditte individuali che subentrano nel cantiere subito dopo l’aggiudicazione dei lavori da parte dell’impresa principale, che si avvale di questo “sistema” per evadere totalmente ogni forma contrattuale e di legge. L’evasione contrattuale e delle leggi, soprattutto in materia di sicurezza nei luoghi di lavorasi riscontra sia nell’edilizia pubblica che in quella privata”. E nel corso della riunione della Commissione di Vigilanza dello scorso 15 aprile, dai dati forniti dagli organi ispettivi e dalle forze dell’ordine riferiti al primo trimestre del 2004, è emerso un quadro preoccupante. Su 687 visite effettuate da Inps, Inail e Ispettorato del Lavoro in aziende del settore edile, del commercio e dei servizi, sono risultate irregolari in 333 (la maggior parte edili) con un’evasione pari a 6.804.046,50 euro. “Il tutto – spiega il sindacalista della Filca Cisl avellinese – passa attraverso la mancanza di rispetto della dignità dei lavoratori e delle imprese regolari, che ogni giorno devono combattere la concorrenza sleale delle imprese avventuriere che riescono facilmente ad aggiudicarsi le gare d’appalto sia nei lavori pubblici che privati. Vengono calpestati i diritti dei lavoratori, molto spesso mettendo a rischio anche la loro incolumità fisica. L’attività ordinaria degli Organi Ispettivi – denuncia Melchionna – è stata riscontrata ancora una volta insufficiente a combattere il fenomeno devastante dell’illegalità nei settori produttivi e dei servizi. E’ una fase di emergenza soprattutto per il settore dell’edilizia, che vede inquinare il sistema e il mercato degli appalti soprattutto per l’aggiudicazione di lavori con percentuali di ribasso che, in molti casi, superano il 40% e con la presenza di imprese pirata provenienti da fuori provincia che sistematicamente evadono e mettono a rischio seriamente la sopravvivenza delle imprese regolari, soprattutto irpine”. Per la Filca di Avellino l’istituzione in tempi rapidi del Durc nella provincia dovrà rappresentare sia per le parti sociali che per enti e istituzioni pubbliche, l’obiettivo principale per assicurare risposte concrete alla lotta contro le irregolarità nel settore. Oltre a creare condizioni più vincolanti nelle aggiudicazioni degli appalti di opere pubbliche, richiamando alle proprie responsabilità le stazioni appaltanti, le direzioni lavoro e i coordinatori per la sicurezza. “Intanto – conclude il responsabile della Filca di Avellino – gli imprenditori hanno dimostrato di voler affrontare insieme al sindacato queste problematiche con l’istituzione dell’Osservatorio sui lavori pubblici in Prefettura, che sta svolgendo un ruolo fondamentale sul terreno della lotta al lavoro nero e all’evasione delle norme sulla sicurezza e, soprattutto, per quel che riguarda il monitoraggio dell’intero territorio della provincia”.
Maxilotto Salerno-Reggio Calabria, intesa sul sistema di relazioni sindacali
Prima tra le opere previste dalla Legge Obiettivo ad essere appaltata con il meccanismo del “general contractor”, quella del maxilotto (Sicignano-Athena Lucana) dell’Autostrada A3, Salerno-Reggio Calabria, sta movendo i primi passi verso la cantierizzazione. Ad aggiudicarsi l’appalto è stata la Cmc di Ravenna, che assumela responsabilità della realizzazione dell’opera a costi e tempi definiti. L’impresa, cosiccome previsto dal contratto, realizzerà direttamente solo il 30% dei lavori, mentre la restante quota sarà affidata ad altre tre imprese, in qualità di appaltatori. L’aggiudicataria sostituirà l’Anas nelle responsabilità tradizionali della committenza, come l’effettuazione di espropri, l’eliminazione delle interferenze e il prefinanziamento di una quota dei lavori. L’Ente appaltante assicurerà soltanto la vigilanza e la responsabilità amministrativa del procedimento. I lavori assicureranno la messa in sicurezza ed adeguamento alle norme comunitarie di 30 chilometri di autostrada, di cui la metà sull’attuale sede stradale e l’altra metà su un nuovo tracciato. La complessità tecnica dell’opera consiste nella realizzazione di ben 28 viadotti, nel rifacimento delle attuali gallerie e la realizzazione di altre 3 nuove. Rispetto alla base d’asta della gara di appalto, 600 milioni di euro, la Cmc ha proposto un ribasso del 13 %. La previsione occupazionale complessiva per i tre anni di durata dei lavori è di circa 600 lavoratori. Da sola la Cmc impegnerà circa 200 lavoratori per la realizzazione delle tre nuove gallerie. La complessità di questo appalto, la stessa novità della disciplina sul general contractor, hanno convinto l’impresa circa la necessità di definire un accordo con le organizzazioni sindacali nazionali e salernitane sul sistema di relazioni ed informazioni, sull’organizzazione del lavoro, sui regimi d’orario, sulla gestione delle fasi occupazionali, sulla sicurezza e sulla prevenzione, sul rapporto con gli affidatari e sub-affidatari, sull’organizzazione logistica dei cantieri per assicurare vivibilità ai lavoratori provenienti da fuori provincia. Altro tema di grande attenzione inserito nell’accordo è il contrasto con le forme degenerative che regolano spesso i rapporti tra imprese sub-affidatarie, quelle di sub-fornitura e i propri lavoratori. Nelle prossime settimane verranno avviate le prime fasi lavorative. Per la Filca salernitana, “si determinerà un’esperienza molto significativa di impegno e di presenza, tesa a coniugare la difesa dei diritti di chi contribuirà a realizzare l’opera e la necessità di completare l’appalto nei tempi previsti: anche per limitare al minimo i disagi per gli utenti della strada che per tutti questi anni saranno costretti a deviare per alcuni tratti sulla viabilità alternativa”.
Napoli, tra ritardi e pastoie burocratiche l’Alta Velocità procede a passo di lumaca
A Napoli è stata inaugurata una mostra organizzata da Ferrovie dello Stato e Regione Campania, con i 10 progetti preliminari – compreso quello vincente dell’architetto Zaha Hadid, irachena di Baghdad residente a Londra – che hanno partecipato al concorso internazionale per la realizzazione della nuova stazione per l’alta velocità di Napoli-Afragola. Ma al di là di questi aspetti “promozionali”, gli interrogativi maggiori che oggi vengono sollevati sull’opera sono essenzialmente due: dove sorgerà con precisione la nuova stazione Tav di Afragola? e quando si prevede la fine dei lavori della tratta? “In realtà ad Afragola, dove dovrà sorgere la porta partenopea della Tav, manca ancora una decisione chiara in merito – afferma il segretario generale della Filca Cisl di Napoli, Giovanni D’Ambrosio – e questa significa che senza una scelta in questa direzione , non possono neppure essere avviati i lavori di costruzione della tratta, divisa in 18 lotti, per complessivi 800 miliardi di vecchie lire di spesa, dal chilometro 201 fino al 217, ovvero da Caivano, attraversando Afragola, Caloria, fino a Napoli”. Circa i tempi di realizzazione, siamo già a 4 anni di ritardo, da imputare, secondo D’Ambrosio, essenzialmente a questioni burocratiche, che coinvolgono i Comuni interessati dalla tratta, la provincia e la Regione. A queste si aggiungono i continui ricorsi al Tar, nonché i lavori di archeologia, iniziati a settembre 2002, che hanno fatto lievitare i costi. “Si potevano invece effettuare dei saggi di scavo – spiega il segretario della Filca napoletana – per accorciare i tempi di questi lavori, che hanno avuto solo di recente l’alt del ministero dei Beni culturali; ora, se tutto andrà bene, i lavori veri e propri di realizzazione dell’opera inizieranno a settembre di quest’anno, per finire non si sa ancora quando”. A regime, dovrebbero essere occupati circa 600 persone, che con l’indotto dovrebbero raggiungere le 1.100 unità complessive. “Sarebbe una vera boccata di ossigeno per l’economia della provincia – afferma D’Ambrosio – anche se a preoccuparci è il fenomeno del lavoro nero, che si annida per circa il 70% nelle opere pubbliche, che rappresentano l’80% dell’intera attività in edilizia. Da notare, inoltre – aggiunge il sindacalista Filca – che il 90% degli incidenti accadono proprio in questi cantieri. Purtroppo, nonostante i nostri sforzi, riscontriamo anche notevoli difficoltà per l’accesso nei cantieri. Ci sono problemi evidenti in materia di relazioni sindacali e questo ci preoccupa sul fronte delle tutele dei lavoratori sui luoghi di lavoro, come la sicurezza. Su questo punto, comunque, grazie anche all’attività del Cpt napoletano, abbiamo firmato un accordo con la Società Condotte, che ha vinto l’appalto per i lavori nella tratta della Tav in questione”.