Un cantiere sicuro? Penzolare a 10 metri d’altezza e poterlo raccontare

Un cantiere sicuro? Penzolare a 10 metri d’altezza e poterlo raccontare

(Nostro servizio). Storie di ordinaria insicurezza. Noureddine Sadki , in Italia dal ’87, lavoratore edile dal ’92, e dal ’95 geometra, diploma conseguito frequentando le scuole serali, “perché mica potevo smettere di lavorare”, è un Rlst e segue per la Filca Cisl circa 200 imprese edili (al di sotto dei 15 dipendenti) per quanto riguarda la sicurezza e il rispetto delle norme. “Il mio primo impatto con un cantiere nel ’92 – racconta – non è stato dei più semplici. Appena entrato ho subito assistito ad un incidente mortale, dovuto all’incuria con cui erano state seguite le disposizioni di messa in sicurezza del cantiere”. E forse questa esperienza l’ha convinto ad occuparsi dei problemi della sicurezza e ad impegnarsi a sensibilizzare i lavoratori e gli imprenditori su questo tema. “Uno dei problemi principali è quello di farsi ascoltare. – racconta – Molte volte gli imprenditori distribuiscono i nostri opuscoli, ma non c’è partecipazione, non c’è vera sensibilizzazione. Lo fanno tanto per fare e per evitarsi beghe con il rappresentante sindacale di turno davanti”. Menefreghismo? Sadki distingue: “Bisogna distinguere tra piccoli cantieri e grandi imprese. Le grandi imprese incominciano a seguire le norme, mentre nelle micro-realtà, che seguo io, il problema è più complesso. Molti hanno deciso di mettersi in regola, ma sono ancora molti quelli che fanno i furbi. Io ho visto piccole imprese con due o tre dipendenti con 4 cantieri aperti. Come fanno a rispettare le consegne? Semplice: fanno accordi con lavoratori autonomi, perché gli finiscano i lavori. Questi lavoratori autonomi sono incontrollabili e non rispettano per nulla le regole”. C’è poi il problema dei lavoratori stranieri. “In questo caso – commenta Sadki – dobbiamo partire da zero. Non hanno formazione, non hanno preparazione e hanno tanto bisogno di lavorare. Facile che loro possano diventare i primi ad accontentarsi di lavorare in nero. Ed è questa una situazione molto grave, perché un lavoratore illegale è come se non esistesse. O meglio esiste solo nel momento in cui muore o rimane vittima di qualche indicente gravissimo”. Davide Caputo , iscritto Filca, parla invece della fretta. “La maggior parte degli indicenti avviene per la fretta. Fretta di finire, di consegnare il lavoro. Così tutti corrono e, molte volte, si tralasciano regole basilari per salvaguardare la propria vita e quella degli altri”. Perché quello dell’edile non è un impiego qualsiasi. “Il nostro – spiega Caputo – è un lavoro di per sé pericoloso, ma sembra che nessuno se ne accorga. Anche i nostri salari sono bassi, io lavoro da 18 anni e guadagno 1200 euro mensili, pochi soldi rispetto a quello che ogni giorno devo fare”. Cosa significa lavorare in un cantiere “sicuro”? “La risposta è semplice – riprende Caputo – pochi giorni orsono stavo ad oltre 10 metri di altezza, smontando alcune traversine. Avevo il casco, gli scarponi ed ero perfettamente imbragato. Mentre lavoravo, ho messo male un piede e sono scivolato. Mi sono ritrovato a penzolare a 10 metri d’altezza. Se il mio cantiere non fosse stato a norma, io – ora – non sarei qui a raccontare questa storia”.

D.P.

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