Di seguito una nota di Vincenzo Battaglia, segretario generale della Filca-Cisl di Cuneo.
E’ di giovedì scorso la risposta del Ministero dello Sviluppo economico sulla decisione presa “contro quanto convenuto al ministero a dicembre” da parte di Italcementi, relativamente al licenziamento dei lavoratori di Borgo San Dalmazzo. La “stigmatizzazione” del Ministero rafforza la contrarietà delle Organizzazioni Sindacali circa la decisione dell’Azienda di procedere con la mobilità ostile (non era mai avvenuto).
Avevamo proposto soluzioni alternative, i contratti di solidarietà in primis, l’individuazione di possibili posti di lavoro in altri siti, l’accompagnamento alla pensione sostenuto da incentivi economici che lo rendessero possibile, tutto quanto per evitare i licenziamenti e che alcuni lavoratori, finissero ad allungare la lista dei disoccupati prima e degli esodati poi. L’Italcementi ha confermato, anche in Regione Piemonte, la volontà di procedere coi licenziamenti collettivi, chiudendo di fatto la strada a soluzioni anche parziali, si è così giunti al mancato accordo del 26 aprile. In quella occasione ho ritenuto doveroso illustrare al funzionario della regione uno stralcio di storia di italcementi ricordandogli lo sciopero nazionale programmato, perché si capisse meglio a scanso di equivoci il piano industriale incomprensibile in atto e quanto costasse ai lavoratori il matrimonio con i tedeschi, partendo dagli investimenti fatti dal 2004 al 2007 all’estero con 4 stabilimenti in Turchia e sud America con due nuovi impianti! e poi la Cina l’india in quei posti dove esiste ancora lo sfruttamento del lavoro minorile e dove si muore per farsi riconoscere i propri diritti, non ci siamo fatti mancare direi proprio nulla, alla faccia del codice etico aziendale.
Tra il 2005 e il 2006 si parte con alcuni investimenti a Borgo. S. Dalmazzo (Cuneo) nella manutenzione a crudo , nell’impianto di insaccamento, nella macinazione a caldo, l’intervento al forno uno successivamente spento per le troppe emissioni eccessive, allo stesso tempo si registrava sul territorio un incremento di vendite che passava dal 34% al 67%.
Nel 2007 da 118 dipendenti si passa a 96, nel 2010 altri 25 esuberi di cui 12 trasferiti i rimanenti 13 in mobilita volontaria.
Questo scenario a fatto si che le distanze fossero palesi tra le organizzazioni sindacali e azienda a maggior ragione con i nostri porti grandi ad accogliere navi con il prodotto proveniente dall’estero.
Abbiamo già provveduto ad impugnare i licenziamenti, primo atto per ricorrere in sede legale, ma la posizione del Ministero riteniamo possa aprire a nuovi ragionamenti. Per parte nostra, nell’interesse di coloro che rappresentiamo, ci sforzeremo, come riteniamo di aver sempre fatto, per individuare soluzioni accettabili per tutti. Il destino dei lavoratori licenziati, delle loro famiglie ma anche la sorte del sito di Borgo San Dalmazzo e conseguentemente il destino del territorio non possono che vederci impegnati, consapevoli che le Istituzioni continueranno a svolgere un ruolo importante. Esiste infine un tavolo di confronto nazionale, riteniamo che anche quella sede possa aiutarci nell’individuazione di soluzioni possibili. Con molto rammarico credo che Il nostro paese, in Europa cosi come la conosciamo e con la globalizzazione selvaggia non potrà mai essere competitivo, alla fine assisteremo se non si cambia marcia ad un impoverimento sia culturale che di posti di lavoro perché le aziende investiranno in modo esponenziale sempre più la dove vengono meno i valori umani.