(di Annalisa Gentile)
Sono 20.809 gli immigrati che hanno scelto di abitare in Salento e rappresentano il 2,6% della popolazione residente. Oltre 5.700 vivono nel capoluogo. La maggior parte di loro (11.459) sono giovani donne. La comunità straniera più numerosa è quella rumena (4.866). Sono alcuni dei dati che ha fornito Ada Chirizzi, segretario Cisl di Lecce in occasione della giornata “Immigrazione oltre l’emergenza: legalità, lavoro, servizi e integrazione” organizzata da Cisl e Anolf di Lecce in collaborazione con Fai, Filca, Fisascat, Fnp e Anteas che si è tenuta il 26 novembre scorso a Lecce. L’incontro, presieduto da Antonio Nicolì, segretario generale Cisl Lecce – ed al quale ha preso parte tra gli altri Mohamed Saady, Presidente Anolf- è stato occasione di confronto tra i soggetti istituzionali e del terzo settore che si occupano del fenomeno immigrazione in Salento che è stato analizzato nei vari aspetti – con particolare riferimento alla dimensione lavorativa e sociale. Le conclusioni sono state affidate, invece a Luigi Sbarra, segretario confederale Fai Cisl.
Secondo l’indagine condotta da Anolf e Cisl di Lecce per quanto riguarda le presenze delle seconde generazioni di stranieri presenti nella provincia di Lecce la maggior parte di loro sono bambini dai 0-4 anni (oltre 1.100) e ragazzi dai 10-15 anni (oltre 1.000). Analizzando questi dati in termini di scolarità, nell’anno scolastico in corso, dal confronto tra il numero complessivo di residenti da 0 ai 19 anni e quello degli iscritti nelle istituzioni scolastiche, emerge che ancora oggi una fetta consistente è esclusa dal diritto all’istruzione e alla formazione, in particolare nel segmento secondario di primo e di secondo grado. In assoluta sintonia con il dato nazionale aumenta il numero dei nuclei familiari residenti. Dai dati forniti dalla questura e confermati dalle pratiche effettuate dall’Inas la richiesta dei permessi di soggiorno è per il 50 % riconducibile al ricongiungimento familiare. A fronte di questa presenza così stabile e strutturata la rete dei servizi socio-sanitari offerti risulta ancora oggi disomogenea e fragile e, nei casi di emergenza, assolutamente inadeguata.
Guardando al fenomeno dal punto di vista lavorativo ed occupazionale emerge che la maggiore presenza di stranieri si registra nei settori collettivi personali, della ricezione e della ristorazione, delle costruzioni e dell’agricoltura. Migliaia le imprese gestite da immigrati. Prima tra tutti quelli di etnia senegalese che rappresentano con le circa 1000 aziende circa il 30% del settore. Questa virtuosità non può evidentemente distogliere la nostra attenzione dalle tante criticità che ancora oggi connotano il lavoro degli immigrati prima tra tutte la dimensione del sommerso, quella dello sfruttamento e del “sottocosto”, fenomeni questi ancora oggi diffusi che collocano le famiglie con stranieri nelle prime posizioni della classifica Istat sulla deprivazione materiale. Secondo i dati forniti dalla Cassa Edile di Lecce gli stranieri che lavorano nel settore edile sono solo 130 unità a fronte del alto numero di immigrati utilizzati nel settore. Altro dato rilevante attiene la regolarizzazione dei contratti di colf e badanti che risulta ancora oggi estremamente esigua in rapporto alle migliaia di lavoratrici a tal fine utilizzate. E per concludere un doveroso passaggio sulle criticità che connotano il lavoro stagionale in agricoltura e il fenomeno del caporalato nel territorio di Nardò e dei comuni viciniori. I tragici accadimenti dell’estate scorsa hanno evidenziato le diverse tare del sistema agricolo e al tempo stesso l’ incapacità di un territorio a muoversi in modo sistemico, l’intervento sul versante sociale e dell’ordine pubblico sono indispensabili ma non possono bastare.
Cisl di Lecce e Fai hanno operato con forza anche sul versante della regolarizzazione del lavoro, promuovendo e sottoscrivendo un protocollo d’intesa con le parti datoriali finalizzato ad agevolare le imprese nell’uti – lizzo regolare di lavoratori immigrati nel territorio nord ovest del Salento mediante l’utilizzo di liste di prenotazione istituite presso i centri per l’impiego e una premialità per le aziende virtuose. Accordo che rappresenta una anticipazione di quegli strumenti messi oggi in campo *** dal nuovo Governo per la valorizzazione del buon lavoro. La lotta allo sfruttamento e al caporalato avviata dal Governo e la messa in campo di nuovi strumenti operativi di tipo amministrativo e penale rappresentano sicuramente una chiave di volta, ma non bastano. Esse devono essere accompagnate da un lavoro sistemico condotto da tutte le componenti territoriali (istituzioni, enti locali, parti sociali e datoriali, terzo settore), poiché la guerra si vince colpendo sì l’illegalità ma anche rafforzando la rete del lavoro agricolo di qualità e l’accoglienza.