Luciano Belmonte è stato confermato segretario generale della Filca-Cisl Calabria, Ad eleggerlo il congresso della categoria, che si è riunito ieri a Gizzeria Lido. Ai lavori ha partecipato anche il segretario nazionale della Filca, Riccardo Gentile. La segreteria è composta anche da Antonino Botta, Ernesto Lombardo e Mauro Venulejo.
Nel corso della relazione Belmonte ha analizzato la situazione socio-economica della regione, con particolare riferimento ai settori seguiti dalla categoria: “Da una ricerca coordinata dal dipartimento di Scienze sociali dell’Università di Messina – ha detto – emerge come 2 giovani su 3 , tra i 20 ed i 32 anni, vivono, studiano o tentano di lavorare fuori dalla regione. Tanti vanno e vengono tra un lavoro precario e l’altro. E le famiglie calabresi, per la prima volta nella storia, spesso devono integrare il reddito precario dei figli al nord, devono pagare perché continuino a lavorare! Il settore edile in Calabria attraversa una crisi che la nostra generazione non hai mai visto. Nel periodo 2008-2012 se in Italia si sono persi circa 600 mila posti di lavoro, e 45 mila imprese hanno chiuso, in Calabria hanno chiuso oltre 700 imprese e si sono persi oltre 10 mila posti di lavoro, che rappresentano il 30 per cento della forza lavoro impiegata nell’edilizia, secondo i dati delle Casse edili che chiaramente non tengono conto di tutti i lavoratori in nero che hanno perso il lavoro. Le più colpite sono le province di Catanzaro – Crotone – Vibo Valentia che fanno registrare nel periodo 2009-2012 un – 48,60 per cento. Il crollo è avvenuto essenzialmente nel 2012, mentre per gli anni precedenti si è registrata una flessione intorno al 10 per cento. E’ un crollo che ha riguardato soprattutto le imprese medio – grandi, come si evince dal fatto che i dati sulle imprese che chiudono non differiscono molto, in percentuale, tra le province di Catanzaro e Cosenza, mentre rispetto agli addetti il calo che si registra nel casentino è meno della metà di quello che si registra nel catanzarese”.
“Ma tutta la Calabria – ha proseguito il segretario generale della Filca regionale – presenta un dato straordinariamente uniforme rispetto alla fase che viviamo: il crollo nel 2012, sia pure con percentuali diverse accomuna tutte le province, e rischia di essere confermato nell’anno in corso, mentre nel triennio 2009-2011 il settore edile aveva fatto registrare solo una flessione. Identico tracollo l’abbiamo registrato nei settori affini all’edilizia come cemento, manufatti in cemento e laterizi, dove le aziende hanno fatto ricorso agli ammortizzatori sociali ordinari e in deroga. Maggiormente colpito dalla crisi è stato il settore della produzione del cemento dove tutte le aziende, presenti sul territorio calabrese, sono a rischio chiusura o a forte ridimensionamento dei posti di lavoro e con un crollo della produzione di cemento pari al 35 per cento. Ricordiamo, infatti, che diversi stabilimenti come la Calme di Marcellinara, l’Italcementi di Castrovillari, la Calcementi Jonici di Siderno hanno utilizzato un’ altissima percentuale di CIGO, come non era mai successo nell’ultimo decennio e dulcis in fundo, l’improvviso e vergognoso provvedimento di chiusura dello Stabilimento Italcementi di Vibo Marina, con la messa in CIGS di tutte le maestranze, ha ulteriormente indebolito l’economia già precaria di quell’area. Provvedimento che è stato fortemente contrastato dalla Filca ottenendo ottimi risultati di tutela, diventando così protagonista e punto di riferimento dei lavoratori e delle loro famiglie, privati di qualsiasi prospettiva futura.
Va detto che questo è un fenomeno che accomuna tutta la Calabria ed il Mezzogiorno: gli effetti della crisi sono arrivati pesantemente nel 2012, mentre nel triennio precedente era soprattutto il centro-nord che risentiva della crisi dell’economia su scala mondiale. Il motivo è noto: nel Mezzogiorno, ed ancor di più in Calabria, il motore dello sviluppo è da almeno mezzo secolo la “spesa pubblica”, come aveva notato molti anni fa un economista del valore di Sylos Labini. Quando il mercato mondiale tirava, l’economia del Centro-nord cresceva a tassi sostenuti, mentre il Mezzogiorno risentiva poco del favorevole nuovo scenario globale. Di contro, nei momenti di crisi globale era l’area più ricca del paese a risentirne, mentre il nostro Sud resisteva meglio, grazie alla “spesa pubblica” che funzionava da paracadute. Bloccando e tagliando pesantemente, in modo lineare da Nord a Sud, la spesa pubblica, si è colpito in modo particolare il nostro Mezzogiorno e le sue aree più deboli come la Calabria. Per questo diciamo con chiarezza: non può ripartire il settore edile in Calabria se non c’è un serio impegno da parte degli enti pubblici, a tutti i livelli. Non può ripartire il settore edile, anzi rischia l’ecatombe definitiva, se gli enti locali non pagano i loro debiti, se il patto di stabilità non viene reso più elastico, più sostenibile. Di fronte a questa situazione drammatica ed inusitata la domanda del “che fare?” assume una valenza di grande responsabilità. Restringendo il quadro al nostro settore, possiamo dire che abbiamo davanti alcuni obiettivi imprescindibili:
a) Qualunque sarà il prossimo governo pretendiamo che si completino le due grandi arterie che collegano la Calabria con il resto del paese. L’autostrada A3 Salerno- Reggio Calabria e la 106 vanno rifinanziate e completate.
b) Va avviata una vertenza con il governo regionale perché non si continuino a dilapidare i fondi europei, ma si dia priorità agli interventi di messa in sicurezza del territorio: scuole, ospedali, edifici pubblici.
c) Completamento delle opere pubbliche ferme da anni , a partire dalle dighe ed i loro invasi , che , malgrado l’ingente sforzo delle finanze pubbliche, sono inutilizzabili e rappresentano uno scandalo per le nostra comunità.
Va inoltre detto che nel nostro settore soffia da anni un vento nuovo: la maggioranza della popolazione italiana è stanca di colate di cemento che offendono il nostro patrimonio paesaggistico e che minano le potenzialità del nostro turismo. Stop al consumo di territorio non è più uno slogan, ma sta diventando una prassi che unisce molti amministratori dei Comuni italiani. Il che significa che non ha più senso costruire nuove abitazioni, dato che il 20 per cento a livello nazionale e quasi il trenta in Calabria sono disabitate. E’ invece urgente una serie di investimenti per il recupero del nostro patrimonio edilizio, per la ristrutturazione dei quartieri degradati, per la bioedilizia e la ricerca di nuovi materiali compatibili con l’ambiente”.