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Dal sindacato maggiori garanzie per i lavoratori del restauro

Dal sindacato maggiori garanzie per i lavoratori del restauro

Roma
Prima riunione nazionale di categoria per dare più tutele agli addetti di questo comparto
Prima riunione nazionale tra le strutture interessate ai “lavoratori del restauro”. L’iniziativa è scaturita dalla richiesta avanzata da alcune tra queste per rendere tutta la Filca più “attrezzata” nella rappresentanza di questi lavoratori. Il dibattito è servito prima di tutto a socializzare le conoscenze, già ricche – in realtà – nei territori, delle problematiche proprie del settore. Di come questo è strutturato, di quali siano le aspettative ed i bisogni sul versante dei lavoratori e delle aziende e di cosa sia utile, giusto e possibile fare. Compilare un tale elenco non è stato un compito difficile proprio per la quantità di problemi immediatamente rintracciabili: innanzitutto, si può affermare che non si sa quante sono le imprese abilitate, ora “certificate” dalle Soa (Società organismo di accreditamento) che operino nel settore, né quanti siano i lavoratori addetti; tra questi si ignora quanti di loro siano pienamente riconosciuti come veri e propri “restauratori”, o meglio ancora quanti abbiano acquisito il titolo dopo il percorso di qualificazione professionale presso l’Istituto Centrale del Restauro di Roma o l’Opificio delle pietre dure di Firenze, le uniche due Istituzioni che – ad oggi – possono rilasciare tale qualificazione; o quanti lo sono per aver frequentato altri tipi di scuole professionali private. E quei lavoratori che da anni lavorano nel settore avendo acquisito “sul campo” una abilità indiscussa, eppure non ufficialmente riconosciuta? In quale modo, e con quali prerogative si può inserire in questo contesto il ruolo del sistema formativo delle Scuole Edili territoriali e/o del Formedil? Non è una questione di poco conto. Sul versante dei lavoratori c’è quindi un problema di riconoscimento professionale; così come, su quello delle imprese, c’è l’esigenza di distinguere tra quelle che fanno Restauro nel senso proprio del termine da quelle che svolgono “lavori di restauro” in senso lato, l’esempio che rende immediatamente l’idea è la differenza tra il restauro della Cappella Sistina e la ricostruzione di un prestigiosissimo teatro. Il problema del riconoscimento professionale, in realtà, non si gioca esclusivamente sul versante legislativo/istituzionale; vi sono sicuramente anche le importanti implicazioni contrattuali. Sotto questo aspetto è tuttora in corso un confronto con i nostri interlocutori di Ance, Confapi ed Associazioni Artigiane ma è argomento che merita altri spazi di approfondimento. L’importante è e sarà recuperare a questa novazione tutta la platea di riferimento e non lasciare all’autorità aziendale la nota “discrezionalità”. Parlare di discrezionalità rimanda tuttavia ad un altro tema che alla Filca sembra, ancora una volta, della massima importanza: quello del mercato del lavoro o meglio delle possibilità che oggi sarebbero date per la gestione di questo segmento del mercato. Vi sono poi i problemi legati alla sicurezza nei luoghi di lavoro. Ma su questo occorre essere più precisi: i lavoratori del restauro affrontano i rischi e vivono i pericoli per la loro sicurezza come tutti i lavoratori edili e come tutti i lavoratori in generale, ma – nel caso specifico – con qualche elemento in più determinato dal fatto che molti degli interventi che compiono li fanno utilizzando materiali che vengono indicati – generalmente e genericamente come “solventi” – e che rappresentano un pericolo anche e soprattutto perché non conosciuti. Non manca, infatti, la segnalazione, la denuncia di chi afferma che in tantissimi cantieri, i restauratori lavorano utilizzando materiale non etichettato, del quale si ignorano le caratteristiche e le possibili implicazioni sul piano delle conseguenze. C’è da dire – ed è vero – che il restauratore utilizza spesso materiale composto da elementi in qualche modo “combinati” in modo tale da essere utilizzati solo per quel dato lavoro. Ciò non toglie, tuttavia, che la prevenzione alla quale da sempre ci richiamiamo dovrebbe imporre una maggiore attenzione sul loro utilizzo, a partire da coloro che quei materiali seppure per motivi tecnici, li impongono. C’è poi, viene citato per ultimo ma non in ordine di importanza, il problema del riconoscimento dell’anzianità professionale edile (Ape). Anche in questo caso occorre una breve, sicuramente non esaustiva, premessa per coloro che meno conoscono il variegato mondo edile ed i suoi meccanismi di tutela del reddito dei suoi addetti: molto sinteticamente diciamo che l’Ape è la prestazione che l’operaio matura “quando in ciascun biennio possa far valere almeno 2100 ore computando a tale effetto le ore di lavoro ordinario prestate, nonché le ore di assenza dal lavoro per malattia indennizzate dall’Inps e le ore di assenza dal lavoro per infortunio o malattia professionale indennizzate dall’Inail”. E’ facile comprendere che moltissimi dei lavoratori interessati al restauro incontrano difficoltà ben maggiori di quelle con le quali si confronta il resto del settore – già di per sè rilevanti, essendo il lavoro edile collegato alla durata del cantiere – nel maturare il numero di ore di lavoro necessarie per l’Ape: una quota di restauratori vive un rapporto di tipo strutturale con la propria impresa – ed è quindi legato alle sue sorti – ma la grande maggioranza, ed in misura sempre crescente, sperimenta rapporti di lavoro flessibili, quali ad esempio, i contratti a progetto. E’ quindi opportuno pensare ad una “conservazione di anzianità” legata al settore ovvero ad una gestione diversa – come si accennava prima – del mercato del lavoro? O ad un “combinato disposto” fra le due cose? Considerato il livello iniziale delle comuni riflessioni, come è evidente, i problemi non sono pochi, né di facile ed immediata soluzione. Per questo i partecipanti alla riunione hanno condiviso una serie di iniziative, prima tra queste la costituzione di un Coordinamento nazionale, incaricato di individuare e gestire ( ciascuno per le proprie competenze ) una specifica politica di settore, formato da tutte le strutture Filca interessate – che non sono poche, considerando che nel nostro Paese non v’è città che non sia “città d’arte”-. Intanto la Filca nazionale si è impegnata, oltre ad assicurare il giusto “Coordinamento”, anche a creare un apposito spazio di informazione sul suo sito web ed una Conference per i responsabili di ogni struttura regionale e territoriale. Spazi, questi, che verranno via via arricchiti ed alimentati dalle esperienze in atto ad ogni livello e che serviranno a socializzare non solo una più ricca conoscenza del settore, ma anche tutte le iniziative che per questi lavoratori saremo capaci di prendere. Appuntamento, intanto, alla prossima riunione del coordinamento.

Lanfranco Vari, operatore nazionale Filca Cisl

Un sistema informativo su contrattazione aziendale e risultati economici e finanziari per gli impianti fissi
Al via il MonitorSettori, nuovo portale della Filca
Da questo mese, dopo un periodo di prova, la Filca Cisl nazionale ha messo a disposizione delle proprie strutture regionali e territoriali un nuovo strumento operativo denominato “MonitorSettori”. E’ un sistema informativo sulla contrattazione aziendale e sui risultati economici e finanziari delle società dei settori legno-mobile, lapidei, cemento e laterizi e manufatti. Il portale è nato dalla collaborazione della Filca Cisl e l’Istituto Poster di Vicenza ed ha lo scopo di mettere a disposizione degli operatori sindacali informazioni utili alla contrattazione aziendale. Infatti attraverso questo strumento gli operatori sindacali della Filca Cisl possono raccogliere, confrontare e tenere aggiornate le conoscenze e le informazioni sulle imprese e sui settori industriali affini all’edilizia. Ad oggi “MonitorSettori” contiene bilanci sintetici riclassificati, degli ultimi sei anni, di oltre 8 mila aziende. Inoltre è stata calcolata tutta una serie di indicatori aziendali quali ROI (Return of Investment), ROE (Return of Equity) ecc…per fornire all’operatore Filca una più chiara immagine degli andamenti aziendali prima di affrontare la contrattazione. L’iniziativa è parte di un progetto più ampio che ha come obiettivo quello di aumentare la presenza Filca e Cisl nei propri comparti industriali. Entrando nel sito della Filca Cisl nazionale (www.filcacisl.it) ed attraverso il pulsante “Monitor settori” si accede a questo strumento. Nella parte accessibile al mondo del web è possibile consultare tutta una serie di documenti informativi e ricerche legate sia ai settori che ai distretti industriali (e/o aree sistema). Un modello produttivo che ,anche se non necessariamente riconosciuto dalle Regioni, rappresenta il modo di produzione del mondo legno-arredo e lapideo. Nella parte riservata agli operatori Filca (ogni struttura è stata fornita di password), la banca dati mette a disposizione diverse modalità di ricerca: oltre a quella classica di tipo nominativo è possibile effettuarne altre due per territorio, quella di tipo provinciale e quella di tipi distrettuale. La composizione del distretto è stata effettuata grazie alla collaborazione delle strutture territoriali Filca che , con molto impegno, hanno ricostruito la propria realtà locale. E sempre grazie alla collaborazione di tutte le strutture Filca, il data base è stato implementato con la voce “documentazione” dove, per ogni azienda, viene archiviata la contrattazione aziendale svolta sino ad oggi.

Marco Proietti, operatore nazionale Filca Cisl

Domenico Pesenti presenta il libro di Fabio Franzin a cura della Filca Cisl
Storie di vita e di lavoro per raccontare e raccontarsi
Nella collana “i racconti”, vogliamo raccogliere le storie dei delegati, dei lavoratori e delle realtà in cui operiamo e viviamo. Ci piacerebbe quindi raccontare la vita, le storie, i sogni, i desideri, le difficoltà, le delusioni, le aspettative ….., in poche parole la fatica e la gioia di vivere di operai, impiegati, di Rsu e delegati, dei nostri iscritti che sono i protagonisti della storia che la Filca sta scrivendo in questi anni. La Filca vuole così dare maggiore visibilità alle persone che rappresenta: una visibilità che va oltre le solite azioni della rappresentanza sindacale e delle line politiche e strategiche che persegue per ridare significato, consistenza, vitalità e realtà ai numeri e alle statistiche. Storie, appunto, di persone vere, per lasciare una traccia nella memoria del nostro tempo. Ma anche per conoscerci, per far crescere la nostra “comunità”, per arricchire i nostri vissuti e le nostre esperienze, per far dialogare nord e sud, il legno con il cemento e l’edilizia con i manufatti da costruzione, l’immigrato con chi non è mai uscito dalla propria città, il lavoratore della grande azienda con il piccolo artigiano. Una collana che vorremo diventasse una vetrina, una palestra. Un palco per chi ha voglia di raccontare e raccontarsi, di parlare di sé e della propria esperienza, della fabbrica, del cantiere, delle difficoltà e della bellezza di costruire ogni giorno, con il proprio lavoro, un mondo un po’ più umano e un po’ più giusto. La nostra ambizione e il nostro obiettivo sono quelli di far si che anche la vita dei nostri soci, dei nostri iscritti diventi testimonianza e storia per i “posteri”, ma soprattutto per noi, oggi. La prefazione del libro “Là, dove c’era l’erba” a cura di Domenico Pesenti, Segretario Generale Filca Cisl nazionale “Là, dove c’era l’erba” Là, dove c’era l’erba di Fabio – Raccolte di storie vere, di gente vera che lavora in fabbrica Le storie dei personaggi di questo libro sono ambientate nel Nord-Est italiano, ma potrebbero stare benissimo in ogni città, in ogni fabbrica, in ogni tempo. Quante volte abbiamo conosciuto Marta, Emir, Checco, Flavio …..E spesso abbiamo incontrato “la noia dei bruti”, o incrociato i suoi effetti .. Sono racconti “in diretta” dalla vita, anche quando paiono invenzioni di fantasia: storie di persone e di paesi che fanno parte del nostro vissuto quotidiano, che ci raccontano piccole gioie e grandi sofferenze, che ci parlano di lavoro, quello vero, che non arriva alle copertine patinate dei rotocalchi né alle puntate delle fiction televisive. Non è un caso se in questi racconti troviamo “l’albero delle mani” o il capo Cyborg, che ci sembrano volti noti, già conosciuti, proprio come noi incontriamo ogni giorno gli immigrati del Senegal o cinesi che ….ovviamente esistono anche in queste pagine. Fabio Franzin è nato a Milano il 25 marzo 1963, ma dall’età di sei anni si trasferisce a Chiamano, paese natale del padre, e successivamente a Motta di Livenza (Tv), dove vive attualmente. Lavora da più di ventiquattro anni nel triangolo del mobile situato nel territorio a cavallo fra Veneto e Friuli, è componente della Rappresentanza Sindacale Unitaria dell’azienda in cui opera e da anni è componente del Consiglio Generale della Filca di Treviso. Nel 1995 pubblica la sua prima raccolta di poesie in lingua italiana, a cui altre ne seguono. Si distingue anche in modo particolare per le sue poesie scritte in dialetto, quello veneto dell’Opitergino-Mottense. Alle liriche seguono poi i racconti, fra i quali la presente pubblicazione. Vince numerosi premi in concorsi letterari nazionali e alcuni suoi scritti vengono tradotti anche in inglese e sloveno. Fra i premi vinti ricordiamo “l’Italia si racconta in rete”, “Roberto Frentonani”, “Sandro Penna”, e nel 2004 il premio “Edda Squassabia”. Con la presente pubblicazione è stato finalista del premio “Italo Calvino” nel 2003.

Pagine a cura di Claudio Sottile

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