Hanno la durezza del cemento i dati sulla crisi del comparto edile. Negli ultimi cinque anni in Puglia sono stati persi circa 13.000 occupati e 3500 imprese, il valore più preoccupante, secondo i dati raccolti da FENEAL Uil, FILCA Cisl, FILLEA Cgil e presentati questa mattina dai tre segretari generali, Salvatore BEVILACQUA, Crescenzio GALLO e Giovanni NICASTRI. I sindacati delle costruzioni, si sono incaricati di scattare questa fotografia del comparto, per lanciare l’allarme sulla grave crisi economica ed occupazionale che il settore vive ma anche per far avanzare proposte utili per il rilanciare il comparto.
In cinque anni il settore delle costruzioni ha perso più di un quarto degli investimenti, ovvero 4,3 miliardi di euro in meno riportandosi ai livelli di produzione del 92, allo stesso modo i lavori pubblici negli ultimi 5 anni si sono contratti attestandosi ad un valore del 37.5 % con una flessione di circa sette punti percentuali rispetto alla condizione pre-crisi.
La contrazione degli investimenti pubblici e privati, l’assenza di prospettive di miglioramento e il contesto di forte incertezza che dominano il nostro Paese, continuano a riflettersi negativamente sulla tenuta occupazionale e produttiva del comparto.
I dati casse edili con i relativi aggiornamenti al primo semestre 2012 confermano il trend fortemente negativo che ha caratterizzato il passato quinquennio evidenziando un ulteriore calo del 25 % degli addetti e 15 % per le imprese rispetto allo stesso periodo del 2011. Dall’inizio della crisi al 2012 il settore ha perso circa 13.000 occupati.
Il ricorso alla Cig da parte delle imprese di costruzioni continua a rimanere elevato ed in parte attutisce la grave emorragia occupazionale determinatasi. Nel 2011 sono state autorizzare 5.486.994 di ore di cassa integrazione guadagni per i lavoratori del settore, quota pur considerevole ma già superata ad agosto del 2012.
Siamo di fronte alla presenza di un emorragia silenziosa che purtroppo non fa scalpore. L’elevata polverizzazione del settore nel territorio non determina “La notizia” ma è pur vero che siamo di fronte ad un enorme problema sociale, e che evidenzia un settore stremato che rischia di non vedere una sua prospettiva. La ripresa dell’edilizia può dare un importante impulso ad altri settori e al suo stesso indotto. Molti altri settori a partire dal legno-arredo, dal cemento, dai lapidei e dai manufatti per l’edilizia sostenibile possono rappresentare volani di una più avanzata e duratura ripresa economica.
Sono indispensabili specie nel Mezzogiorno investimenti in infrastrutture, sia per favorire la ripresa del settore che per lo sviluppo infrastrutturale del Paese che negli ultimi anni è arretrato rispetto al resto dell’Europa. Uno sviluppo che può favorire l’insediamento di nuove imprese in quei territori dove è già scarsa la presenza industriale; allo stesso modo è fondamentale la modifica del Patto di Stabilità per favorire la ripartenza di piccoli cantieri che stentano ad avviarsi per mancata disponibilità di risorse pubbliche. Cresce la richiesta di abitazioni da parte delle fasce sociali più deboli anche in virtù della riduzione del potere d’acquisto dei salari, e l’impoverimento delle famiglie.
Serve una nuova politica economica orientata ad una maggiore ed efficace dotazione infrastrutturale al recupero del patrimonio edilizio in senso ambientale ed energetico, al recupero del territorio degradato dal punto di vista idrogeologico, alla sicurezza sismica, per garantire nel medio lungo periodo, una concreta ripresa degli investimenti nel settore. Tali investimenti, divengono non più procrastinabili per innescare quel virtuoso processo anticiclico che il settore è capace di generare e al sostegno della domanda di consumi che languono da troppo tempo. Un processo virtuoso, capace di rideterminare sviluppo e crescita al Paese.