In 5 anni, da inizio crisi, sono 675 mila i posti di lavoro in meno nell’industria, tra andati in fumo e a rischio. “La perdita secca” è di 473.640 posti, cui si sommano “201.096 lavoratori equivalenti a zero ore”, interessati da cig speciale o in deroga. È quanto rileva il nono rapporto sull’industria realizzato dalla Cisl e presentato dal leader Raffaele Bonanni e dal segretario confederale Luigi Sbarra. Ad aprile 2007 gli occupati nell’industria erano 7.007.176. Questo significa, in termini di lavoro, che in cinque anni è stato perso il 10% della base industriale.
Secondo la Cisl “è impensabile una crescita futura senza rimettere al centro i temi industriali”. La confederazione guidata da Bonanni sottolinea che questi dati mostrano “l’ampiezza di una crisi industriale che è ancora in pieno svolgimento”.
In cinque anni i volumi produttivi si sono ridotti del 20,5%; gli ordinativi del 17,9%; il fatturato in termini correnti del 4,5%; l’occupazione del 6,8%. “Il tratto principale del periodo – si legge nel report – è che l’industria è riuscita a compensare la riduzione dei volumi produttivi e degli ordinativi, aumentando la qualità dei prodotti e i prezzi relativi, con una riduzione dell’occupazione più vicina alla perdita di fatturato che di volumi, grazie al ricorso esteso agli ammortizzatori sociali”.
Con ritmi diversi, nel quinquennio si consuma anche il “terribile tonfo” dell’industria delle costruzioni (-29,3)%, in cui la fase peggiore (-14,9% sull’anno precedente) inizia a cavallo dei primi mesi del 2012. L’unico elemento di tenuta dell’industria è quello delle esportazioni. Nel 2009, anno di profonda crisi, le esportazioni in valori correnti calano del 19,5%. Nel 2010, anno di ripresa, le esportazioni aumentano del 14,5% per aumentare ancora del 10% nel 2011, dando l’unico contributo positivo alla tenuta del Pil.
La Cisl propone un “decalogo” di azioni da avviare immediatamente e con cui intende confrontarsi con Governo, Regioni e parti sociali.
– Crisi di liquidità e soccorso alle Pmi: rafforzare i canali mutualistici di garanzie offerte dalle associazioni d’impresa e ampliare il sistema integrativo di garanzie al credito (Confidi), rafforzando l’operatività del fondo centrale di garanzia presso il ministero dello Sviluppo economico.
– Risorse da sbloccare: sbloccare le infrastrutture incagliate, dando rapidamente certezza alle procedure autorizzative, in sede centrale e locale, alle opere pubbliche e ai nuovi impianti energetici o alla riconversione di quelli esistenti, come indicato nel recente decreto sulla crescita.
– Sostenere il Mezzogiorno: riprogrammare i fondi strutturali orientandoli alle attività produttive e all’occupazione; sostenere i poli tecnologici del Sud (proposta Barca).
– Crisi edilizia: restituire stimoli al comparto abitativo, incentivando fiscalmente l’uso di nuovi materiali per le riqualificazioni abitative e le nuove costruzioni.
– Crescere nei mercati esteri: attuare un coordinamento rapido delle istituzioni deputate all’internazionalizzazione definendone confini operativi, strategie e strumenti.
– Stimolare la produttività: modificare il provvedimento sull’incentivazione del salario di produttività, almeno ripristinando i massimali del 2011; praticare relazioni industriali flessibili e partecipative.
– Rendere l’Italia più attrattiva per gli investimenti dall’estero: occorre un’azione di sistema, territorio per territorio, a partire dalla riconsiderazione del ruolo di Invitalia.
– Gestire le situazioni di crisi: rafforzare l’operatività dell’unità di crisi presso il ministero dello Sviluppo economico.
– Rendere più competitivi i distretti industriali a livello internazionale: promuovere e strutturare un sistema nazionale di supporto all’internazionalizzazione, risolvendo la dispersione delle competenze, delle iniziative e delle risorse che caratterizza l’attuale quadro di riferimento.
(dal sito www.conquistedellavoro.it)