Le mani delle mafie sulla Capitale. È una questione che potremmo definire storica, costellata da anni ed anni di fatti di sangue odi intrallazzi economico-finanziari. “La novità finanziaria della criminalità organizzata romana – spiega a Conquiste, Andrea Cuccello, segretario generale della Filca capitolina, coautore del libro bianco sulla criminalità organizzata a Roma che il Partito democratico cittadino ha chiesto di realizzare alle parti sociali, alle istituzioni sul territorio ed ad esperti – ha iniziato ad avvalersi di professionisti del settore che con strategici strumenti finanziari dissimulano l’origine dei capitali mafiosi. Ovvero: impossessarsi di società pulite per riciclare il denaro sporco”.
In termini tecnici viene chiamato leveraged buyout. I clan acquistano le società degli imprenditori romani a debito, grazie ai prestiti di banche e società finanziarie compiacenti a cui offrono in garanzia le azioni o il patrimonio della società che vogliono acquisire, che provvederanno a iniettare di capitali illegali. “Fino al 2003 questa operazione era illecita – evidenzia Cuccello -. Poi è arrivata la riforma del diritto societario del secondo Governo Berlusconi che l’ha consentita espressamente”. A creare negli investigatori il sospetto che le infiltrazioni mafiose negli appalti pubblici di Roma siano sempre più frequenti non sono solo ribassi di oltre il 50%. Sono a rischio anche gli appalti senza gara, di cui circa 50 milioni di euro aggiudicati su Roma per le imprese che effettuano manutenzione stradale, sempre più in aumento.
A rendere vulnerabile il sistema degli appalti romani, sono diversi fattori, evidenzia Cuccello, tra cui “la presunta corruzione di funzionari pubblici”, le “procedure irregolari per l’assegnazione dei lavori” e la “scarsa trasparenza delle procedure”, “l’alterazione delle condizioni concorrenziali che può contribuire ad annientare le imprese oneste, costringendole ad uscire dal mercato”, il “ricorso a prowedimenti di natura emergenziale” e lo “sviluppo incontrollato di cantieri dettato dalla politica del fare per fare”. Per il sindacato un altro elemento di grande debolezza, è la fragilità della filiera delle costruzioni. Una volta esistevano le grandi imprese generali di costruzioni. I lavori erano inaugurati da una società e si concludevano con la consegna del manufatto chiavi in mano. Nel corso degli anni è vvenuta una parcellizzazione sempre maggiore degli appalti e subappalti e questa spinta ha reso impossibili dei controlli seri, dove per la criminalità è stato più facile infilarsi.
Quando le imprese di costruzioni avevano tra 300 e 500 dipendenti, anche il fenomeno del caporalato era di più difficile riscontro. Oggi invece si tratta di aziende molto più piccole. Questo permette per esempio un utilizzo spinto dei contratti a tempo determinato, che servono a tenere la persona in una condizione continua di precariato e con gli attuali tassi di disoccupazione si trova sempre qualcuno disposto a lavorare fino a 11 ore, soprattutto d’estate. La conseguenza è appunto il forte turn-over degli operai che permette alle aziende di avere sempre forze fresche, disponibili a lavorare sempre più. Gli operai vivono quindi il cantiere come un momento di passaggio che può essere tragico e funesto, quando non si hanno le competenze necessarie per il lavoro che si va a fare.
Per contrastare questo stato di cose, sostiene Cuccello, a Roma serve “una nuova strategia territoriale di responsabilità sociale e di coesione istituzionale per uscire dalla crisi che fa aumentare gli appetiti delle mafie e per difendere il bene comune, le tradizioni e la capacità di innovare. Il nostro capitale sociale non può essere trattato al ribasso”. Serve un patto territoriale tra Enti locali, Comuni in primis, tra loro omogenei, finalizzato al superamento del patto di stabilità di bilancio.