In occasione del 65esimo anniversario della Liberazione pubblichiamo alcuni passaggi del discorso fatto il 25 aprile del 2002, ad Ascoli Piceno, dall’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi.
Ciò che avvenne in quei mesi del 1943 e del 1944 in queste terre è la sintesi di quello che oggi, dopo decenni di sedimentazione e di dibattito, sappiamo essere stata la Resistenza: una reazione delle coscienze alla sfida contro i valori e la dignità dell’uomo. Fu una reazione che si affermò in modi diversi a seconda delle circostanze, ma fu una reazione largamente diffusa, spontanea.
Dopo l’8 settembre, ci fu la Resistenza attiva di chi prese le armi in pugno, partigiani, soldati, militari che seguirono l’impulso della propria coscienza; ci fu la Resistenza silenziosa della gente, dei cittadini che aiutarono, soccorsero, feriti, fuggiaschi, combattenti, esponendosi a rischi elevati. Ci fu la Resistenza dolorosa dei prigionieri nei campi di concentramento, di chi si rifiutò di collaborare.
Il 25 aprile di quest’anno è segnato da un’immagine che rimarrà per sempre nei nostri cuori: il Presidente della Repubblica Federale di Germania e il Presidente della Repubblica Italiana tra le querce del Monte Sole, a Marzabotto, tra le rovine della chiesa di San Martino dove, nel settembre del 1944, vennero trucidate decine di persone inermi con una ferocia inaudita. Abbiamo sostato insieme, fianco a fianco, per onorare, in silenzio, le vittime; per incontrare i superstiti di quello scempio, i parenti dei Caduti; per meditare e ricordare. Gli italiani si sono commossi per quel gesto del Presidente Rau, per quelle sue parole. Non le dimenticheremo.
A Marzabotto abbiamo sentito dentro di noi che stavamo vivendo qualcosa di importante e nobile, nel percorso di una memoria vissuta come forza viva della nostra democrazia, una democrazia forte, intrecciata indissolubilmente con gli altri popoli d’Europa, legati nella comune cittadinanza dell’Unione Europea. Dalla tragedia della guerra la mia generazione uscì con una idea chiara: costruire un’Europa sorretta da istituzioni fondate sui principi della democrazia, un’Europa generatrice di pace, l’Europa dei valori, della libertà, della giustizia, del rispetto della dignità umana, della solidarietà, della forza serena di Stati democratici, che oggi si riconoscono in una comune cittadinanza; domani in una comune Costituzione.
Questa Europa, la nostra Europa ha garantito sessant’anni di pace e, in tempi recenti, ha saputo portare la pace al di fuori dei confini dell’Unione, con l’impegno delle sue Forze armate. Il consenso dei cittadini europei verso questo comune destino è forte e crescente. E’ la base democratica sulla quale proseguire. Questo consenso si fonda non sull’oblio, ma sulla consapevolezza del passato. Il lavoro della memoria è difficile, complesso, ma è indispensabile per capire il senso del cammino percorso dal 1945 a oggi, dell’immenso valore delle istituzioni che abbiamo costruito per noi e per le generazioni future: la Costituzione Repubblicana, i Trattati dell’Unione Europea. Certo, il lavoro della memoria presuppone la giustizia, non per spirito di vendetta, ma per riaffermare i fondamenti dei nostri ordinamenti, della nostra civiltà; il lavoro della memoria impone soprattutto che nessuna delle vicende di quegli anni venga dimenticata. E in questo senso, il lavoro fatto negli anni Novanta dalla Magistratura militare e dalla Commissione Giustizia della Camera dei Deputati è prezioso e va proseguito.
La storia è un’azione di ricostruzione lenta e paziente, va arricchita ogni giorno di nuovi approfondimenti, di nuove testimonianze; ciò non ha nulla a che fare con un improponibile revisionismo.
Per questo è importante celebrare – con solennità e in spirito di riconciliazione – il 25 aprile, anniversario della Liberazione. Oggi gli italiani hanno riscoperto l’inno di Mameli, lo hanno riscoperto nella sua musica e nelle sue parole; esse ci fanno rivivere il risveglio di un popolo che cercava unità e libertà, che si sentiva partecipe della lotta per gli stessi valori degli altri popoli europei. Non è un caso che proprio nei mesi che seguirono la caduta del fascismo e l’8 settembre, patrioti e cittadini cantavano nelle strade l’inno di Mameli. Esso rappresenta quel filo rosso tra i sentimenti delle generazioni del Risorgimento e di quelle della Repubblica, quegli ideali che ancora oggi hanno la loro sintesi migliore nelle due scritte del Vittoriano: “l’unità della Patria”, “la libertà dei cittadini”. Sono valori conquistati dal nostro popolo e che il popolo italiano custodisce e garantisce con le sue Istituzioni.
Viva la Repubblica! Viva l’Italia!
(dal sito www.quirinale.it)