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MONSELICE, IL CEMENTIFICIO DELLA DISCORDIA

MONSELICE, IL CEMENTIFICIO DELLA DISCORDIA

La cementeria Italcementi di Monselice (dal sito www.italcementi.it)

A Monselice lo hanno già ribattezzato ‘il cementificio della discordia’. Nella cittadina veneta lo stabilimento della Italcementi dà lavoro a 110 dipendenti, più altri 150 occupati nell’indotto. L’azienda ha comunicato l’intenzione di investire una somma pari a 150 milioni di euro per ristrutturare l’impianto (il cosiddetto ‘revamping’), riducendo del 75% le emissioni. I lavori si tradurrebbero in un cantiere che darebbe lavoro a circa 300 persone per un periodo di 2-3 anni. E non è finita: ultimata la ristrutturazione Italcementi assumerebbe una trentina di persone.
Fin qui le buone notizie, perché i conti sono stati fatti senza i Comuni limitrofi e senza due comitati spontanei: “I lavori al cementificio – spiega Fabio Graziotto, della Filca-Cisl di Padova – prevedono tra le altre cose la realizzazione di una torre alta 90 metri e numerosi interventi grazie ai quali sarà possibile abbattere le emissioni anche in vista dei nuovi parametri che entreranno in vigore dal 1° gennaio 2013. Purtroppo abbiamo riscontrato una opposizione iniziale a questa operazione di ‘revamping’ sia da parte dei sindaci dei 17 Comuni che, come Monselice, fanno parte del Parco dei Colli, che da due comitati di cittadini, composti, per la verità, da non più di 20 persone in totale. Un vero fuoco di sbarramento che sta rallentando, se non impedendo l’opera di ammodernamento della struttura”.
Da un lato, dunque, i sindaci, secondo i quali il progetto dovrebbe ricevere il ‘via libera’ da parte di tutti i Comuni che insistono nell’area del parco; dall’altra i comitati, che accusano il cementificio di inquinare e di provocare malattie e tumori. Ma un punto di intesa sembra esserci: “L’azienda si è dimostrata disponibile da subito a mediare – racconta Graziotto –  grazie anche all’apporto e alla mediazione dei sindacati. Italcementi ha così proposto di ridurre le dimensioni della torre (nella prima stesura del progetto l’altezza prevista era di 125 metri, ndr), si è impegnata a non utilizzare il combustibile da rifiuto (cdr), ad assicurare formazione continua ai lavoratori, a controllare tutto il materiale lavorato grazie anche all’apporto degli stessi lavoratori, ed infine, non da ultimo, a creare una  commissione tecnica composta da esperti nominati dal Parco dei Colli, dalla Provincia, dal Comune, dai sindacati e dall’azienda”. Impegni rafforzati dall’intenzione di pubblicare tutti i dati relativi all’attività del cementificio, di realizzare assemblee pubbliche con la cittadinanza ma soprattutto di dare un termine finale per l’utilizzo dello stabilimento, fissato in 28 anni, dopo il quale l’azienda si impegna a bonificare e ripristinare il paesaggio ambientale. Un programma niente male, al quale hanno dato l’ok il consiglio comunale di Monselice e altri 14 Comuni del Colle dei Parchi, tranne Baone ed Este, che restano diffidenti insieme ai due comitati.
Il risultato, come accade spesso in queste diatribe, è il ricorso alla magistratura. Sarà infatti il Tar del Veneto a pronunciarsi, entro il 5 maggio prossimo, sui due ricorsi presentati dai Comuni e dai comitati. “Attendiamo l’esito con serenità – conclude Graziotto – ma senza nascondere grande preoccupazione. In città ci sono molte manifestazioni di solidarietà nei confronti dei lavoratori, hanno compreso tutti che tra i compiti del sindacato non c’è solo quello di tutelare i posti di lavoro ‘a prescindere’, ma anche la salvaguardia dell’ambiente e l’impatto delle aziende sul territorio. Resta il fatto che senza lavori i 150 milioni di investimento verranno dirottati altrove, e dal 1° gennaio del 2013 qui non si potrà più produrre cemento. Un vero dramma dal punto di vista occupazione e sociale”.

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