Una lettera “da imprenditrice a imprenditrice”, letta con gli occhi lucidi nel corso di un incontro organizzato dal sindacato. Succede anche questo in Veneto, nel Nord Est della crisi che fa chiudere le aziende, perdere il lavoro agli operai e che spezza le vite di tanti imprenditori – 50 in 3 anni secondo la Cgia di Mestre – nell’indifferenza generale. Fra loro, Giovanni Schiavon, titolare dell’impresa edile “Eurostrade 90” di Vigonza (Padova), morto suicida lo scorso 12 dicembre perché non riusciva a riscuotere i crediti, e Antonio Tamiozzo, al timone dell’azienda di famiglia fino a quel tragico pomeriggio di San Silvestro, quando si è impiccato nella sua azienda di Montecchio Maggiore (Vicenza). Imprenditori strozzati dai crediti più che dai debiti: le commesse sono state prese, i lavori eseguiti, ma i clienti, spesso e volentieri pubbliche amministrazioni, non hanno saldato il conto. Lo sa bene Flavia Schiavon, figlia di Giovanni, la donna che solo tre settimane fa, dopo l’ennesima tragedia – il gesto estremo dell’artigiano di Noventa di Piave Ivano Polita – aveva denunciato la situazione di abbandono e indifferenza in cui, a distanza di mesi dalla morte del padre, ancora oggi si trova a vivere: tante porte chiuse (dai creditori) e la cassa integrazione per gli operai che s’è sbloccata in questi giorni, dopo mesi di attesa. Come lo sa Lorella Tamiozzo, moglie di Antonio, e sua figlia Laura, 29 anni, colpite tragicamente dalla scelta del marito e del padre.
Tre donne, una storia comune: due famiglie spezzate dal suicidio del capofamiglia. Proprie queste tre donne sono state ospiti mercoledì pomeriggio a Vigonza del confronto organizzato dalla Filca Cisl del Veneto. “Opinioni a confronto: l’indifferenza uccide, la mancanza di attenzione verso il lavoro” era il titolo dell’incontro che è stato aperto dal saluto di Adriano Pozzato, Segretario Generale della Cisl di Padova e dal sindaco di Vigonza Nunzio Tacchetto e al quale hanno partecipato, oltre a Flavia Schiavon e a Lorella e Laura Tamiozzo, Massimiliano Barison, assessore al Lavoro della Provincia di Padova, Salvatore Federico, Segretario Generale Filca Cisl Veneto e Domenico Pesenti, Segretario Generale Filca Cisl nazionale.
“Le sorti di lavoratori e imprese sono comuni in questo periodo – spiega Salvatore Federico, segretario generale della Filca Cisl del Veneto -. Il confronto, e a volte lo scontro, non manca, ma in questa fase di crisi operai e imprenditori spesso si trovano ad affrontare le stesse difficoltà: mancati pagamenti o ritardi inaccettabili, lavoro che scarseggia e stretta sul credito. I lavoratori perdono il posto, e le aziende chiudono: è chiaro che l’impegno per difendere il lavoro, le persone e il territorio vada nella stessa direzione”.
Lo scorso ottobre i lavoratori del settore hanno sfilato listati a lutto assieme ad alcuni imprenditori e amministratori a Oderzo (Treviso) per denunciare lo stato di crisi del settore (più di 10 mila licenziamenti in Veneto tra il 2008 e il primo semestre del 2011). Oggi il sindacato più rappresentativo del comparto delle costruzioni in Veneto invita le mogli e le figlie degli imprenditori edili che si sono tolti la vita per la crisi per un confronto aperto con parti sindacali e amministratori pubblici. “Siamo vicini alle famiglie come siamo vicini ai lavoratori – prosegue Federico – e siamo convinti che in questo momento siano necessarie azioni concrete per dare un supporto reale alle famiglie e alle imprese”.
Ecco perché mercoledì la Filca Cisl del Veneto ha lanciato la proposta, subito accolta da Valter Rigobon di Adiconsum Veneto, della fondazione di un’associazione dei familiari delle vittime, per dare sostegno alle famiglie e aiutarle a uscire dalla solitudine, dall’abbandono, e dalla “indifferenza che uccide una seconda volta”. “E’ fondamentale – ha detto Domenico Pesenti, segretario generale della Filca – non lasciar sole le persone nel momento del bisogno. Il coraggio di queste donne va sostenuto, un’associazione va benissimo per continuare a tenere alta l’attenzione”.
Il momento più toccante dell’incontro è stato quando Laura Tamiozzo ha letto la lettera scritta lo scorso 22 gennaio alla collega-imprenditrice Flavia Schiavon. Entrambe hanno perso il padre. “Il dramma che ha colpito la tua famiglia è lo stesso che ha colpito anche la mia (…), non riesco ad essere arrabbiata con lui per la sua decisione, non mi sento nemmeno tradita, anzi, l’ho capito fino in fondo e nel cuore, pensando a lui, provo un senso di pace: per lo meno, ora, non c’è più nessuno che gli può far del male. Mio padre è morto per amore della sua azienda e dei suoi dipendenti; viveva con il terrore di tradirli, di non essere in grado di pagare loro gli stipendi. Questo pensiero lo logorava, finché non ha più retto”. Poi la denuncia, e l’appello alla solidarietà. Oggi, scrive la donna, “stiamo lottando contro i mulini a vento, nessuno ci dà retta, a nessuno interessa di noi. Ma noi, Flavia ci dobbiamo fare forza, dobbiamo lottare per questo. Probabilmente le nostre aziende non avranno futuro, anche se mi auguro il contrario, ma non dobbiamo permettere che i nostri padri se ne siano andati così e che non ci sia nessuno che si prenda delle responsabilità, dobbiamo trovare giustizia, tentare tutte le strade possibili. Perché, ogni imprenditore che muore è per tutti noi un’ulteriore sconfitta”.